TORONTO – Si apre oggi una settimana di fuoco per Justin Trudeau. Il primo ministro infatti sarà impegnato su due fronti caldissimi. Il primo è quello del preannunciato rimpasto di governo, resosi necessario dopo l’annuncio della scorsa settimana di quattro ministri federali riguardo la loro intenzione a non ricandidarsi alle prossime elezioni federali.
Marie-Claude Bibeau (ministro delle Entrate nazionali), Carla Qualtrough (ministro dello Sport), Filomena Tassi (ministro per lo Sviluppo economico del Sud dell’Ontario) e Dan Vandal (ministro per Affari del Nord) dovranno essere sostituiti, e si prevede che questa volta il rimpasto dell’esecutivo sarà massiccio, l’ultimo probabilmente prima delle prossime elezioni. Ma allo stesso tempo Trudeau dovrà calibrare la scelta dei nuovi componenti del governo con un altro rompicapo, quello della presunta rivolta interna al Partito Liberale in vista del prossimo caucus, in programma mercoledì. Nelle ultime settimane, secondo quanto è stato confermato da più parti, la ribellione contro il leader grit avrebbe prodotto un documento ufficiale con il quale si chiedono, senza giri di parole, le dimissioni di Justin Trudeau dal ruolo di primo ministro e di leader del partito, per dare ai liberali il tempo necessario alla ricerca di una nuova leadership che li conduca alle prossime elezioni federali, in programma nell’ottobre del 2025. Il documento, a quanto pare, sarebbe stato firmato da una ventina di deputati, mentre un numero simile di mp sarebbe pronto a sostenere – almeno a voce – la necessità di un cambio al timone del partito.
Nel fine settimana numerosi esponenti del governo hanno minimizzatole presunte spaccature interne: il ministro delle Finanze e vice primo ministro Chrystia Freeland ha ribadito ancora una volta la piena fiducia in Justin Trudeau, sottolineando come a suo avviso le polemiche delle ultime settimane siano semplicemente un segnale del dibattito interno come normale prassi in tutti i partiti. Allo stesso modo il ministro dell’Immigrazione Marc Miller ha bollato come “debole e miope” la presunta fronda dei ribelli, aggiungendo che il caucus liberale si schiera e schiererà conTrudeau anche in questo ultimo anno di legislatura.
Parole queste che comunque non sono bastate a calmare le acque. Chi guida la rivolta interna ha preferito manovrare nell’ombra e non alla luce del sole, così come la presentazione della richiesta di dimissioni sarà fatta alla riunione del gruppo parlamentare grit, quindi lontano dalle telecamere e dagli occhi indiscreti della stampa e delle opposizioni.
Restano comunque da sciogliere numerosi nodi. Il primo riguarda le reali intenzioni dello stesso Trudeau, che fino a questo momento ha sempre difeso con forza l’azione di governo e che vuole continuare a governare anche in questo ultimo anno di legislatura, nonostante la rottura del patto siglato nella primavera del 2022 con il leader dell’Ndp Jagmeet Singh che aveva garantito una certa stabilità per il suo governo di minoranza. Se la richiesta di dimissioni dovesse raccogliere l’adesione in massa dei parlamentari liberali, resta davvero difficile immaginarsi un Trudeau ancora in sella per i prossimi mesi. Da un punto di vista tecnico, i tempi ci sarebbero – anche se strettissimi – per organizzare una corsa alla leadership e dare quindi il tempo al nuovo leader di farsi conoscere all’elettorato canadese. Si apre quindi una settimana decisiva, dove non sono esclusi colpi di scena anche clamorosi.
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