TORONTO – Il governo provinciale è costretto ancora una volta a fare retromarcia di fronte allo “tsunami” di nuovi casi di Omicron in Ontario. Il premier Doug Ford, che per settimane ha resistito alle pressioni della comunità scientifica che chiedeva restrizioni più stringenti di fronte alla minaccia rappresentata dalla nuova variante, alla fine ha dovuto piegarsi all’evidenza e ha deciso di riattivare le misure previste dalla Fase 2 modificata della tabella di marcia sulle riaperture in Ontario.
Un dietrofront inevitabile, visti i numeri – del tutto parziali, per altro – che quotidianamente stiamo registrando da due settimane a questa parte.
Un dietrofront tardivo – è questa la tesi di buona parte della critica – se teniamo conto che già da metà dicembre in molte altre province, in numerose giurisdizioni nordamericane e in tantissimi Paesi le autorità si preparavano a respingere la pressione di Omicron con restrizioni e nuovi provvedimenti mentre qui in Ontario strutture come la Scotia Bank Arena e altre arene sportive continuavano ad operare a piena capienza.
La dinamica di questi giorni non è affatto nuova, ma rappresenta una costante di questa pandemia di Covid-19 vissuta in Ontario: da un lato abbiamo la classe medica, la comunità scientifica, i virologi e gli esperti che spingono sempre e comunque per la cautela, per misure preventive, per evitare che il sistema sanitario non si più in grado di funzionare efficientemente; dall’altro invece abbiamo il governo che ha un maggiore occhio di riguardo per i comparti dell’economia maggiormente colpiti, con decisioni che a volte appaiono incomprensibili e che, puntualmente, devono essere riviste e modificate.
Certo, trovare l’equilibrio tra queste due esigenze – quella sanitaria e quella economica – rappresenta un rompicapo politico-decisionale davvero complicato: ma allo stesso tempo, come è stato ribadito sin dall’inizio di questa pandemia, l’input sanitario è sempre quello più importante. A volte l’esecutivo sembra dimenticarsi di questa premessa, per poi fare retromarcia quando il danno è già stato fatto.
Ora ci aspetta un periodo carico di zone d’ombra, dubbi e timori almeno per quello che riguarda l’immediato futuro. Sembra davvero difficile immagine che le scuole riapriranno il prossimo 17 gennaio, così sembrava campata in aria l’idea che non ci sarebbero stati problemi dopo la pausa invernale. Sul fronte scolastico è probabile che la didattica a distanza continuerà ancora per molto sulla falsariga di quanto è accaduto lo scorso anno accademico. Fa però ben sperare il fatto che la somministrazione della terza dose di vaccino, chiave di volta per frenare l’avanzata di Omicron, stia viaggiando a velocità molto elevata.
Allo stesso tempo il boom di casi – sostengono gli esperti – in combinazione con il fatto che con Omicron di solito i sintomi sono più lievi, potrebbe avvicinarci a quell’immunità di gregge che potrebbe rappresentare la fine della pandemia. Ma per l’immediato futuro non ci resta che stringere i denti come abbiamo fatto negli ultimi due anni.
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