Nodo barriere interprovinciali per Carney
OTTAWA – Mentre l’ombra della guerra commerciale rimane minacciosa all’orizzonte, Mark Carney deve fare i conti con una altro nodo da sciogliere: quello delle barriere commerciali in vigore tra le 10 Province e i 3 Territori canadesi. Lo smantellamento di questo arcaico sistema di balzelli e dazi tra le diverse giurisdizioni canadesi è considerato dal governo una priorità, alla luce anche delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti e del bisogno di modernizzare la nostra economia.
Lo stesso primo ministro, non più tardi di venerdì scorso, ha ribadito come nell’agenda di governo resti prioritaria la necessità di presentare un provvedimento in tal senso entro la scadenza prefissata, il primo luglio.
Ma è chiaro che la strada che porta all’abrogazione delle barriere commerciali interprovinciali rimane in salita. Il primo ostacolo, che in passato è risultato insormontabile per gli altri governi che hanno provato a modificare lo status quo, è rappresentato dalla necessità di trovare un accordo comune tra Ottawa e le 13 controparti provinciali e territoriali. Il governo federale, infatti, può andare avanti per la propria strada ma l’approvazione unilaterale di un provvedimento rimarrà carta straccia fino a quando non riceverà il benestare anche delle Province e dei Territori. Le norme e i regolamenti che sono quelle barriere interprovinciali che il governo vuole rimuovere non sono del tutto sotto il suo controllo: il primo ministro, in sostanza, non può costringere le province a rimuovere le loro barriere. Nell’update economico autunnale dello scorso anno, si calcolava che il Canada potrebbe aumentare il suo Pil pro capite fino al 4% – o 2.900 dollari pro capite – se abbattesse le barriere commerciali interne.
Nel progetto di legge del governo dovrebbero essere poi presenti altri elementi di contorno, dal riconoscimento delle credenziali tra le province, al tentativo di abbattere le barriere.
Un prodotto realizzato in una provincia canadese deve affrontare diversi ostacoli prima di poter essere venduto in un’altra provincia. Questa rete dil imitazioni che regolano il commercio attraverso le linee provinciali è collettivamente indicata come barriere commerciali interprovinciali. Non si tratta solo di beni e servizi. Si applica anche a una persona che esercita una professione regolamentata che necessita di una licenza. Se una persona del genere vuole trasferirsi per lavorare in un’altra provincia, dovrebbe passare attraverso l’intero processo per ottenere la licenza, ripartendo sostanzialmente da zero.
La maggior parte delle barriere commerciali ha a che fare con la burocrazia e le normative.
Un altro esempio di come sia complicato mettere le mani sulle barriere interprovinciali è rappresentato dal settore dei trasporti. Province diverse hanno requisiti di peso massimo o di sicurezza diversi per i camion, il che rende difficile il trasporto di merci su strada in tutto il paese. Ciascuna delle province ha regole che riguardano quando i camion possono essere sulla strada, che tipo di pneumatici hanno o il tipo di kit di sicurezza in dotazione.
Alcune province hanno già iniziato a muoversi. A febbraio, la Nova Scotia ha presentato un disegno di legge per rimuovere le barriere al commercio con altre province. Ad aprile, l’Ontario e la PEI hanno seguito l’esempio. Le aziende vinicole della British Columbia possono ora spedire direttamente il vino ai clienti dell’Alberta, come risultato di un accordo interprovinciale concordato lo scorso anno.
Il riconoscimento reciproco significa che le province, pur continuando ad avere il proprio insieme di regole, riconosceranno e rispetteranno i rispettivi standard.
Insomma, l’obiettivo di Carney di arrivare a una completa armonizzazione è davvero ambizioso, ma lo spettro della guerra commerciali con gli Stati Uniti sembra aver piegato le iniziali resistenze a livello provinciale. Ora resta da trovare un accordo comune che soddisfi i due livelli di governo.
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