Negoziato in salita col nodo spese militari
TORONTO – Flessibilità, capacità modificare le strategie, nervi saldi e tanta pazienza. Sono questi gli ingredienti necessari, secondo Mark Carney, per arrivare a un accordo nel complicato negoziato con gli Stati uniti sul fronte dazi doganali: una trattativa, quella che vede impegnate Ottawa e Washington, dove in più di un occasione si è rischiato l’impasse e dove le due parti si sono già date una scadenza precisa – il 21 luglio – per arrivare a una sorta di intesa di massima.
Il primo ministro, che si trova a Calgary per la tradizionale stampede – esattamente come il leader dell’opposizione, Pierre Poilievre – ha ribadito la volontà del suo governo di arrivare a un accordo che sia il più indolore possibile: l’obiettivo ovviamente non è quello di tornare a una situazione pre tariffe – ipotesi considerata un miraggio – ma di trovare la quadra sulla base della nuova strategia inaugurata dal presidente americano Donald Trump non solo con il Canada, ma con il resto del mondo. Si guarda in particolare alla bozza d’intenti sul quale stanno lavorando la delegazione statunitense e quella dell’Unione europea, con una quota fissa di dazi al 10 per cento, con l’esenzione di alcuni prodotti e con tariffe limitate a un valore maggiore. Ma come ha ribadito lo stesso primo ministro, è difficile negoziare con “osso duro” come Trump. “Quando la persona con cui hai a che fare, il paese con cui hai a che fare ha più obiettivi – ha dichiarato Carney nel fine settimana – devi essere agile, flessibile”, .
Il leader liberale ha aggiunto che dal suo punto di vista, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si sta destreggiando tra diversi fattori, che vanno dalla Cina al commercio alle finanze complessive del paese. “In parte è la competizione strategica con la Cina. A volte si tratta solo di sapere se possono avere o meno una bilancia commerciale”, ha detto. “In parte si tratta di entrate, di budget, e naturalmente di posti di lavoro per i lavoratori, e anche di problemi intorno al confine”.
I commenti del primo ministro arrivano solo pochi giorni dopo la ripresa dei colloqui commerciali tra i due paesi in seguito alla breve risoluzione di Trump sulla tassa sui servizi digitali del Canada, che il governo federale ha revocato im fretta e furia domenica scorsa.
Per Carney l’abrogazione della tassa faceva parte di una “negoziazione più ampia”, facendo capire la misura avrebbe ostacolato irrimediabilmente il ngoziato Canada-Usa sui dazi. E in effetti il segretario al Commercio degli Stati Uniti Howard Lutnickaveva ammesso che la tassa sarebbe stata un “rompicapo” per qualsiasi accordo commerciale, apprezzando il passo indietro da parte del Canada.
Nel frattempo il governo federale deve fare in conti con un altro nodo, quello delle spese militari. Nelle settimane scorse il primo ministro ha annunciato l’ambizioso piano di arrivare al 3 per cento del Prodotto interno lordo entro la fine di questo anno fiscale (marzo 2026), per poi raggiungere l’obiettivo del 5 per cento del Pil entro il 2035. Mancano tuttavia i dettagli sulla necessaria copertura finanziaria di questi ingenti investimenti. Secondo l’istituto di ricerca C.D. Howe, già quest’anno per via delle maggiori spese per la Difesa il deficit canadese è destinato a raggiungere quota 92 miliardi di dollari. E questo mentre i liberali, durante la campagna elettorale, avevano promesso un piano per la graduale riduzione del buco di bilancio. Insomma, Carney ha davanti a sé mesi difficili, con scelte che potrebbero avere pesanti conseguenze per il futuro del governo.
In alto: Mark Carney e Pierre Poilievre al Calgary Stampede (foto: X, Carney e Poilievre)
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