Cultura

Monica Bellucci, una diva diversa

TORONTO – Dopo aver aperto l’81° Festival del Cinema di Venezia con una standing ovation, Beetlejuice Beetlejuice riporta un po’ degli anni ’80 al cinema. Ma persino il sequel di Tim Burton della commedia dark del 1988 presenta qualcosa di inaspettato, e si presenta sotto forma della “Diva” più unica d’Italia, “sfigurata” com’è nel ruolo.

Fedele al suo carattere, Monica Bellucci, nativa dell’Umbria, che ha compiuto 60 anni questo mese, è comparsa dove gli spettatori meno se lo aspettavano. Nel ruolo della moglie succhia-anima di Beetlejuice, Bellucci interpreta un demone tormentato che cerca vendetta su Beetlejuice per averla smembrata, per legittima difesa, ovviamente. Mentre era in vita, la loro storia d’amore è stata interrotta, gioco di parole voluto, dopo i suoi tentativi di divorare la sua anima. Ma in Underworld di Burton non c’è pace per i malvagi e Beetlejuice, reinterpretato da Michael Keaton, non può sfuggire all’ira della sua ex sposa.

Alcuni potrebbero opporsi al termine “Diva” per la sua connotazione moderna, che indica interpreti femminili con un alto grado di talento e un temperamento [difficile]. Ma l’origine del termine è italiana e un riferimento all’opera deriva dalla parola latina “divus”, che significa divino. Una delle principali cantanti liriche o la “Prima Donna” era la Diva originale, elogiata per la sua eccezionale estensione vocale e presenza drammatica. L’aura della Diva è stata poi trasposta sul grande schermo, attraverso star del cinema muto come Lyda Borelli, Francesca Bertini e Pina Menichelli. E infine alle icone del cinema dell’età dell’oro Sophia Loren, Gina Lollobrigida e Monica Vitti, per citarne alcune.

Il calo da allora è stato significativo. Non nel talento, ma nel modo in cui un’attrice italiana poteva riempire uno schermo con lo stesso grande carisma e aura di cui poteva disporre con il talento. Come fece Virna Lisi in Come uccidere vostra moglie (1965) mentre sfrecciava attraverso una festa in cravatta nera nell’Upper West Side, provocando gli ospiti maschi con una seducente danza di capelli. O come quando l’addio dagli occhi lucidi di Claudia Cardinale disse più con uno sguardo di mille parole messe insieme, in C’era una volta il West (1968).

Quell’epoca era un lontano ricordo finché Francis Ford Coppola non scelse Monica Bellucci, una giovane modella diventata attrice in Dracula di Bram Stoker (1992). La starlet italiana si catapultò nella celebrità in seguito, ottenendo una nomination ai Cesar per la sua interpretazione in L’appartamento (1996), che fece girare la testa agli Studio in America.

Bellucci, tuttavia, era un diverso tipo di Diva, adottando un approccio in stile Johnny Depp nella scelta dei film, riluttante a sfruttare il suo aspetto per progetti privi di sostanza. Bellucci nel 2012: “Come disse Oscar Wilde, la bellezza dura solo cinque minuti se non hai nient’altro per sostenere quella curiosità. Non credo che avrei fatto questo tipo di carriera se fossi stata semplicemente bella”.

Così Monica Bellucci rifletteva su una carriera di ruoli di ampio respiro che includevano l’interpretazione di Maria Maddalena in La passione di Cristo, una vittima di stupro brutalizzata in Irreversible di Gaspar Noé, una vedova di guerra in Malena di Tornatore e come Persefone, un’astuta aiutante della resistenza per Neo in Matrix Reloaded. Mentre Bellucci potrebbe non aver catturato il pubblico nello stesso modo della Loren, Beetlejuice Beetlejuice è solo un altro esempio di come Bellucci l’ha fatto a modo suo, continuando a portare il mantello della diva italiana nel 21° secolo, insieme a una Loren ancora in attività.

Beetlejuice Beetlejuice è ora nei cinema

Nelle foto: Sophia Loren e Monica Bellucci; in alto, la locandina di Beetlejuice Beetlejuice (per gentile concessione di Warner Bros.) 

Massimo Volpe, autore di questa recensione, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix

 

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