Canada

Leadership, Poilievre
attacca ancora Charest.
Lewis contro Trudeau

TORONTO – Accuse e veleni nella corsa alla leadership. Mentre a livello provinciale cresce l’attesa per la presentazione dell’ultimo budget del governo Ford prima del ritorno alle urne, a livello federale tiene banco l’acceso dibattito tra i candidati alla guida del Partito Conservatore. Il braccio di ferro è ancora una volta tra i due candidati che, secondo i sondaggi, sono destinati a contendersi la successione di Erin O’Toole alla guida della destra canadese: Pierre Poilievre e Jean Charest.

Il primo, deputato eletto a Carlton e ministro ombra delle Finanze prima di ufficializzare la sua candidatura, è tornato ancora una volta su quello che la sua campagna ha identificato come il tallone d’Achille del principale avversario: il suo passato politico, caratterizzato dal cambio di casacca politica nella sua esperienza di premier del Quebec. “Come premier liberale del Quebec – si legge in un tweet di Poilievre – Charest ha alzato le tasse sulla benzina e le imposte sulle vendite a scapito dei consumatori. Cercando di cambiare idea durante la corsa alla leadership non ingannerà nessuno. Jean Charest porterà tasse più alte e maggiore inflazione in Canada”. Il deputato di Carlton si è poi scagliato contro il primo ministro. “Justin Trudeau ha trascorso l’intera vita a dividere la gente. Adesso basta, non vogliamo più l’approccio del dividi e conquista”.

Charest, dal canto suo, ha presentato la piattaforma programmatica relativa all’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici. L’ex premier del Quebec promette di abrogare il prezzo del carbonio al consumo attivato del governo liberale e, allo stesso di tempo, di eliminare la parte federale dell’HST sugli acquisti a basse emissioni di carbonio.

Contemporaneamente Charest si impegna a rispettare un vecchio obiettivo per ridurre le emissioni di gas serra del paese entro il 2030 nel caso in cui dovesse vincere la corsa alla leadership del 10 settembre e riportare i conservatori al potere.

Charest propone inoltre di far pagare alle industrie che producono inquinamento un prezzo sulle emissioni nocive. “Riteniamo che se seguiamo questa strada, saremo più efficienti, più flessibili, in grado di ottenere risultati migliori abbastanza chiaramente, piuttosto che seguire la strada di una tassa al consumo o di prezzi al consumo più complessi”.

La tassa federale sul carbonio, ora fissata a 50 dollari per tonnellata di emissioni, si applica direttamente in Alberta, Saskatchewan, Manitoba e Ontario, dove i consumatori ricevono assegni di sconto dal governo federale.

In tutto sono dodici i candidati alla corsa alla leadership del Partito Conservatore. Per ufficializzare la propria candidatura c’è tempo fino al 29 aprile: entro questa scadenza dovrà essere depositata presso il partito una cifra pari a 300mila dollari. Oltre a Poilievre e Charest solamente Leslyn Lewis è ufficialmente in corsa, mentre gli altri candidati – Grant Abraham, Scott Aitchison, Leona Alleslev, Roman Baber, Joseph Bourgault, Patrick Brown, Marc Dalton, Joel Etienne e Bobby Singh – devono ancora pagare la cifra richiesta per essere ufficialmente in corsa. Proprio la Lewis negli ultimi giorni ha toccato temi che sono molto sentiti dalla base conservatrice: quello della responsabilità fiscale dell’esecutivo, quello del Freedom Convoy e quello del ruolo del governo durante la pandemia.

“Stiamo pagando interessi di 140 milioni di dollari al giorno sul nostro debito nazionale – ha denunciato la deputata conservatrice – Dobbiamo tornare al pareggio di bilancio e smettere di sacrificare il futuro finanziario della prossima generazione”.

La Lewis, come peraltro lo stesso Poilievre, durante l’occupazione di Ottawa da parte dei manifestanti del Freedom Convoy aveva assunto delle posizioni controverse, a favore della protesta. Ieri è tornata sul tema, con l’obiettivo di attirarsi le simpatia di una ben definita fascia elettorale della galassia conservatrice. “Abbiamo un governo che abbatte l’incudine sui suoi dissidenti confiscando proprietà, congelando i conti senza un giusto processo, e poi si nasconde dietro le prove. Non è così che funziona una democrazia sana”.

Un affondo, infine, contro la gestione del governo delle fasi più acute della pandemia. “Nell’ottobre del 2020, prima che Justin Trudeau usasse i mandati di viaggio e i passaporti dei vaccini per dividere i canadesi, ho scritto un editoriale sul National Post prevedendo che Trudeau stesse guidando il Canada verso un colpo di stato socialista. Avevo ragione?”.

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