TORONTO – Ecco, in sintesi, come due cittadini hanno interpretato la richiesta di proroga del Parlamento avanzata da Justin Trudeau il 6 gennaio 2025, quando ha chiesto al Governatore Generale di “sospendere tutte le funzioni parlamentari” fino al 24 marzo. Per riassumere: nessuna nuova proposta legislativa; nessuna approvazione legislativa; nessuna deliberazione dai comitati parlamentari; nessuna nuova spesa attribuibile di bilancio; nessuna voce autorevole per il Canada su questioni internazionali, eccetera.
I lettori potrebbero chiedersi come deputati eletti di un organo legislativo possano chiedere un “time out” per perseguire obiettivi personali quando il loro dovere li obbliga a seguire un corso d’azione diverso, cioe’ presentarsi al lavoro, come il dovere potrebbe richiedere. È legittimo perseguire obiettivi personali o di parte quando il Paese affronta gravi minacce?
Due cittadini della Nuova Scozia, David MacKinnon e Aris Lavranos (i richiedenti) la pensavano così.
Per loro, deve essere sembrato ovvio: il 7 gennaio, il presidente eletto Trump ha dichiarato che avrebbe imposto una tariffa del 25% sui beni e servizi canadesi, con possibile imminente disastro per l’economia canadese. Le conseguenze non sarebbero state una sua preoccupazione.
Avrebbe potuto essere la preoccupazione del Primo Ministro. Eppure, Justin Trudeau aveva “rimescolato il suo gabinetto e mandato tutti a casa per le vacanze di Natale il 17 dicembre. La sua richiesta di proroga ha esteso quella vacanza al 24 marzo, come da richiesta di Trudeau.
Il Partito Liberale aveva bisogno di tempo “per scegliere” un nuovo leader, o almeno così si sostiene.
Il 9 gennaio, gli avvocati dei ricorrenti hanno presentato una mozione per un’udienza accelerata alla Corte Federale [… esprimendo il loro allarme per il fatto che] “la decisione del Primo Ministro ha presentato un danno intollerabile alla democrazia, al nostro sistema parlamentare ed allo stato di diritto in un momento in cui il Canada si trova ad affrontare una grave minaccia“. (enfasi mia)
Il Governo – J. Trudeau col suo consiglio, tramite la Corona – il 13 gennaio hanno dichiarato di non considerare la questione urgente e perciò di non sentirsi obbligato ad acconsentire un’udienza accelerata.
Sono seguite le inevitabili discussioni legali e le denunce in tribunale (per approfondire, potete leggere qui: https://www.corriere.ca/la-corte-federale-concede-unudienza-urgente-allesposto-contro-la-decisione-di-prorogare-il-parlamento/). Il frastuono della guerra intestina nei partiti ha quasi messo a tacere l’importante crisi costituzionale emergente.
Fino a sabato sera, 18 gennaio, quando in una straordinaria dimostrazione di coraggio da parte del Presidente della Corte Federale ha consentito le udienze accelerate delle questioni (per il 13-14 febbraio).
Il Presidente della Corte Federale P. Crampton ha offerto questa giustificazione: “Se la domanda sottostante non è programmata per essere ascoltata in modo accelerato, non ci sarà alcuna opportunità per i rappresentanti eletti del Canada di discutere questa grave minaccia [di tariffe del 25 percento] e di adottare qualsiasi azione che riterranno appropriata per oltre due mesi dopo l’assunzione dell’incarico del Presidente eletto Trump“. (enfasi mia).
I pochi giuristi costituzionalisti che hanno risposto alle nostre richieste di commento sono stati riluttanti a intervenire sui meriti della discussione, se non per dire che almeno il caso sarà discusso in un forum serio.
In alto: la House of Commons, desolatamente vuota (foto da https://www.jccf.ca)
Traduzione in Italiano – dall’originale in Inglese – a cura di Marzio Pelù