Il Commento

Gli avversari piangono
l’addio a O’Toole

TORONTO – Penso che ogni uomo o donna che si presenti ai più alti livelli di cariche pubbliche (leadership di partito) meriti un cenno di rispetto per aver cercato di definire una visione e per poi tentare di coordinare il resto di noi verso la sua realizzazione. Su questo punto, Erin O’Toole non è meno meritevole del prossimo aspirante alla posizione più alto. È un ruolo inadatto per i deboli di cuore o per i tipi piagnucoloni nei consigli scolastici che non sono abituati al controllo. E ce n’è in abbondanza.

Il paese richiede politici con determinazione e comprensione di dove la popolazione potrebbe voler andare e cosa è disposta a sacrificare per arrivarci. In generale, tutti vogliamo unità, scopo e inclusione per tutti coloro che partecipano alla realizzazione di una “grande ambizione”.

Ovviamente, non è abbastanza. Il Canada è un paese vasto. I canadesi, come tanti altri popoli, sono “provinciali”. Tutti noi vogliamo vedere la “carne con le ossa” – la nostra.

Senza eccezioni, i canadesi vogliono che i loro rappresentanti politici mostrino le loro cose e mettano sempre il paese al primo posto. Soprattutto in un momento di crisi. Per non essere banali, preferiscono dei manager che, di fronte alle fiamme, sappiano la differenza tra vigili del fuoco e incendiari. È un problema politico canadese, non una questione di parte ristretta a un solo partito.

Da parte sua, il Partito conservatore ha condotto un’indagine sul motivo per cui non ha vinto le ultime elezioni. Il paese era/è diviso da politiche identitarie, un’economia debole, una subordinazione degli interessi nazionali al “moralismo internazionale” (questioni che non possono essere risolte da nessun paese che agisca da solo) o (ironicamente) regionalismo ecc… Eppure, i conservatori non sono stati in grado di presentare una visione alternativa praticabile.

Il rapporto Cumming generato da quell’indagine in sostanza concludeva l’ovvio: O’Toole era la più grande risorsa elettorale che gli altri partiti (avversari) potessero avere per i loro interessi.

C’è voluto un convoglio di camionisti per portare a casa (nessun gioco di parole) il punto in modo piuttosto drammatico. È stata una forte manifestazione pancanadese di malcontento da parte del cittadino medio sin dal più violento sciopero generale di Winnipeg, 100 anni fa, nonostante la controcampagna di disinformazione aggressiva, ma vacua, goffa e screditata.

Ad esempio, “agenti provocatori” sono apparsi con maschere nere, bandiere confederate, svastiche, apparentemente dal nulla ma la polizia si è rifiutata di intervenire. Infatti, ieri, il capo della polizia di Ottawa ha ammesso che la protesta era al di là della capacità di gestione della polizia stessa. Non c’era “violenza”; molti disagi, sì, ma questo è il punto delle dimostrazioni.

Anche l’RCMP ha dovuto ritirare le sue “affermazioni” secondo cui i manifestanti avevano “aggredito” i loro ufficiali al confine tra Canada e Stati Uniti. I sussurri si stanno trasformando in desideri che sia ora che le forze armate intervengano.

Per lo meno, la situazione invita “gli audaci” a cogliere l’attimo – carpe diem. Non ce n’erano molti audaci in giro, se il resoconto dei media mainstream è indicativo.

Ma ce n’era uno: Candice Bergen, MP Portage-Lisgar, Manitoba. I suoi colleghi del caucus conservatore, quasi subito dopo le dimissioni di O’Toole, l’hanno votata come leader ad interim. Si presenta bene; ha esperienza in Parlamento; competente e non incline al solito meschino pasticcio che passa per discussione.

Scommetto che la prestazione della signora Bergen, andando avanti, causerà agli altri partiti più di un piccolo dolore politico. Questo può essere positivo per le nostre istituzioni democratiche, indipendentemente dalla partigianeria.

(traduzione in Italiano a cura di Marzio Pelù)

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