“Familia” rappresenterà l’Italia agli Oscar
TORONTO – Il dramma Familia di Francesco Costabile è stato recentemente selezionato come candidato italiano per la categoria Miglior Lungometraggio Internazionale alla 98ma edizione degli Academy Awards. Il dramma biografico è basato sul libro di memorie di Luigi Celeste “Non Sarà Sempre Così” e racconta la sua giovinezza come militante di estrema destra, con un padre criminale e violento. Si tratta di una storia profondamente personale ed emotivamente straziante che vanta interpretazioni eccezionali di Francesco Gheghi, Barbara Ronchi e Francesco Di Leva. Eppure, pochi l’hanno visto o addirittura sentito parlare.
Non è che il film non meriti la possibilità di rappresentare l’Italia agli Oscar. Lo è. E il processo di selezione, come di consueto, è stato supervisionato dall’ente cinematografico italiano Anica, composto da un comitato di pari molto credibili. Professionisti del settore tra cui registi pluripremiati come Gabriele Muccino (L’ultimo bacio), Micaela Ramazzotti (La prima cosa bella) e Stefano Sardo (Il ragazzo invisibile). Ma il film di Costabile Familia è uscito nelle sale solo per tre settimane, guadagnando la misera cifra di 420.000 dollari al botteghino.
Citare una scarsa proiezione teatrale potrebbe essere scoraggiante per coloro che hanno felicemente relegato il loro cinema alla stasi dello scorrimento sul piccolo schermo, della visione e dello streaming su Internet. Ma la storia dell’Italia come leader del cinema merita sicuramente qualcosa di più del minimo sforzo dei distributori moderni per mantenerla tale. Come può un film – in questo caso Familia – essere consacrato da professionisti dell’industria per competere per il più grande premio cinematografico del mondo, pur non avendo praticamente avuto un pubblico nazionale? Per di più, il film non ha avuto un’uscita negli Stati Uniti.
Mentre i film italiani viaggiano bene all’interno di una manciata di mercati europei, la loro quota di mercato nei due maggiori mercati del settore – Asia e Stati Uniti – non solo è assente, ma anche praticamente inesistente. I film italiani nel mercato Asia-Pacifico detengono una quota di mercato dello 0,01% e negli Stati Uniti dello 0,05%. I numeri scarsi sono dovuti a diversi fattori, tra cui un panorama di esercenti in continua evoluzione e l’iper-attenzione dei Big Studio sui film di successo.
Ma è anche vero che molti cineasti italiani non raccontano più le storie che riempiono le sale. Prendi La vita è bella (1997), la saga di sopravvivenza di Benigni su una famiglia imprigionata in un campo di concentramento. Ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero dopo aver portato a casa 57 milioni di dollari a livello nazionale. I suoi guadagni globali sono saliti a 230 milioni di dollari, battendo l’allora record per il film straniero di maggior incasso nella storia degli Stati Uniti. Altri film come Il Postino (1994) hanno portato a casa 26 milioni di dollari negli Stati Uniti, mentre Cinema Paradiso (1988) ha guadagnato 15 milioni di dollari.
Ad oggi, a parte La vita è bella, i tre film italiani con il maggior incasso di tutti i tempi (Quo Vado 65 milioni di euro, Sole a Catinelle 56 milioni e Tolo Tolo 42 milioni) non sono usciti al botteghino statunitense. Ed erano tutti film di Checco Zalone realizzati attraverso la più grande emittente commerciale italiana (Mediaset). Per dirla senza mezzi termini, i prodotti cinematografici più popolari in Italia non avevano alcun appeal sul mercato in America. L’inverso sarebbe se Avatar, The Avengers e Titanic non avessero pubblico in Italia. Impensabile!
Immagini per gentile concessione di Medusa Film
Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix