TORONTO – Il Budget federale 2021 è arrivato come una manna dal cielo per Doug Ford. E non tanto per i singoli provvedimenti contenuti nella legge di Bilancio della ministra Chrystia Freeland – che in effetti hanno un carattere nazionale e che non promettono carta bianca alle spese delle Province contro la pandemia – quanto per la possibilità di alleviare la pressione mediatica al quale il premier è sottoposto ormai da quasi una settimana.
Nei prossimi giorni il dibattito politico continuerà a ruotare attorno alla Manovra dell’esecutivo federale, andando dal progetto ambizioso di creare un piano di childcare nazionale da 30 miliardi alle linee guida per le case di cura a lunga degenza, passando per gli investimenti da 101 miliardi di dollari e per i problemi legati al buco di bilancio che ci accompagnerà ancora per molto tempo.
Si parlerà molto meno delle difficoltà che sta vivendo l’esecutivo provinciale, dopo che per un anno – seppur tra mille contraddizioni, polemiche, accuse e veleni – è stato in grado di guidare l’Ontario nella fase più difficile della sua storia. E lo ha fatto anche abbastanza bene, se teniamo conto dei numeri relativi ai contagi, ai ricoveri in ospedale, ai pazienti in terapia intensiva e ai decessi.
Poi, nelle ultime settimane, sono emerse delle criticità alimentate dal progressivo peggioramento del quadro sanitario che ci accompagna in questa durissima terza ondata della pandemia. Negli ospedali di tutte le aree della provincia la situazione è velocemente deteriorata, numerose associazioni di categoria – dagli infermieri agli ospedalieri – hanno accusato il governo di immobilismo, di aver agito male e in ritardo rispetto alla gravità della situazione.
Anche le scelte del governo nelle ultime due settimane hanno alimentato un clima di confusione e mancanza di sicurezza: scuole aperte, anzi no, controlli a tappeto della polizia e poi dietrofront, parchi giochi per i bambini chiusi e poi il passo indietro. Un continuo proporre e smentirsi, annunciare e ritrattare, pianificare e disfare.
La ciliegina sulla torta è arrivata con la denuncia, mai smentita dal governo, della volontà da parte del premier di chiudere le sedute a Queen’s Park e trasferire sul remoto i lavori dell’assemblea parlamentare provinciale. Senza contare quello che sta diventando un vero e proprio fiasco, lo svolgimento cioè della campagna di immunizzazione.
Il governo provinciale, con Ford in primis, continua a puntare il dito contro l’esecutivo federale, chiedendo più dosi di vaccino. La verità, come è stato documento, è che i vaccini ci sono ma non vengono somministrati con la dovuta velocità. Fino a ieri, ad esempio, secondo i dati di covid19tracker.ca l’Ontario aveva ricevuto da Ottawa 5.242.495 dosi di vaccino Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Di queste sono state somministrate 3.995.187, appena 90mila nelle ultime 24 ore. La giacenza quindi è di oltre 1,2 milioni di dosi, pronte all’uso ma che non vengono inoculate per evidenti problemi logistici e organizzativi.
Detto questo, fa sorridere la richiesta che giunge – udite udite – dall’autorevole Washington Post, dove un editoriale a firma di David Moscrop chiede con forza le dimissioni del premier. In primo luogo uno dovrebbe chiedersi cosa potrebbe spingere un quotidiano americano a tiratura nazionale a interessarsi a un tema così specifico come le difficoltà del premier dell’Ontario. In secondo luogo, in questa fase quale potrebbe essere l’alternativa all’esecutivo Ford? Un nuovo governo sostenuto dalla stessa maggioranza conservatrice? O addirittura il voto anticipato?
In questo momento la soluzione migliore sembra essere quella di andare avanti con il governo attuale, con la necessità però di un cambio di marcia nell’opera di contrasto alla pandemia. Magari, avviando un dialogo costruttivo con le opposizioni a Queen’s Park – e l’apertura sulla richiesta per i giorni di malattia pagati sembra andare in questo senso – e rimettendo le mani sulla macchina logistico-organizzativa per la distribuzione dei vaccini.
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