TORONTO – Prosegue il pressing di Ottawa su Washington per allontanare definitivamente la minaccia dei dazi doganali. Ieri tre ministri federali hanno raggiunto Washington per una serie di incontri istituzionali con l’obiettivo di perorare la causa canadese presso la nuova amministrazione Usa, in particolare sul danno reciproco che l’implementazione delle tariffe porterebbe sia ai consumatori canadesi sia a quelli americani.
Il ministro delle Risorse Naturali Jonathan Wilkinson, quell dell’Industria François-Philippe Champagne e il titolare della Difesa Bill Blair hanno avuto alcuni incontri nella Capitale americana, in una fase dove è necessario raggiungere progressi tangibili il prima possibile. Il rischio di guerra commerciale è ancora estremamente concreto, visto che il presidente Donald Trump ha semplicemente sospeso fino all’1 marzo l’entrata in vigore dei dazi doganali al 25 per cento su tutti i prodotti canadesi, ad eccezione dei prodotti energetici ai quali ai quali è stato accollato un sovrapprezzo del 10 per cento. Restano in sospeso anche i contro dazi annunciati dal governo federale.
Restano in ogni caso molti nodi da sciopero, in questa complessa partita a scacchi con l’inquilino della Casa Bianca. Un tema che è tornato in auge proprio in questi giorni è quello delle sacche protezionistiche che esistono ancora all’interno del trattato di libero scambio Umsca. In particolare Washington ha accusato Ottawa di adottare misure di tutela per alcuni settori che impediscono ai produttori americani di penetrare nel mercato canadese. Il particolare, sono il settore dei latticini e di altri comparti nella produzione agricola a provocare tensioni con l’amministrazione Usa, con il governo canadese che, attraverso il complesso sistema di supply management, tutela i produttori del Quebec con un complicato meccanismo di sovvenzioni statali, quote da rispettare e blocco degli esportatori esteri. La questione non è nuova, basta pensare che la battaglia legale in questo settore è andata avanti anche durante la passata amministrazione Biden.
Il governo federale, in ogni caso, sembra non volere fare alcun tipo di concessione, come peraltro ha ribadito il ministro del Commercio estero Mary Ng. Ma questo atteggiamento potrebbe diventare un’arma a doppio taglio, in queste settimane che ci separano dalla scadenza di marzo. L’amministrazione Usa, infatti, potrebbe appigliarsi proprio a questa intransigenza di Ottawa per andare avanti con l’implementazione dei dazi, con potenziali conseguenze devastanti per la nostra economia: le tariffe al 25 per cento aprirebbero le porte a una probabile recessione che non risparmierebbe alcun comparto del nostro tessuto produttivo.
E proprio con l’obiettivo di trovare una strategia da adottare per evitare i dazi si riunisce oggi a Toronto il Canada-U.S. Economic Summit, con i componenti nominati dal primo ministro Justin Trudeau nel Canada-U.S. Relations.
Ma in questo momento l’esecutivo è anche impegnato nell’armonizzare la sua azione con gli altri livelli di governo. E proprio ieri il primo ministro si è incontrato a Ottawa con una delegazione dei sindaci delle 25 più grandi città canadesi. La discussione ha toccato numerosi temi, tra i quali i piani del governo per garantire la tutela delle amministrazioni cittadine in caso di guerra commerciale con gli States e, allo stesso tempo, l’azione coordinata dei sindaci su iniziative concrete, come ad esempio la promozione dei prodotti made in Canada per il sostegno delle aziende e delle imprese locali.
Nella foto in alto, l’ultimo incontro di Trudeau con il gruppo Canada-Us Relations