Da Volpi a Clooney, la lunga storia della Biennale
TORONTO – Mentre la radice della rivalità tra Italia e Francia è affondata da qualche parte nelle loro storiche dispute territoriali, nelle guerre napoleoniche e nelle guerre mondiali, una guerra [culturale] molto più amichevole continua l’antica faida.
Da qui la “lotta per la supremazia degli Oscar” tra i due eventi cinematografici più prestigiosi d’Europa. Il Festival di Cannes in Francia vanta star e prestigio, mentre Venezia difende il cinema d’essai con uno sfondo glamour.
Ma il valore fondamentale della Biennale di Venezia è la sua storia. Perché è di fatto il festival cinematografico più antico del mondo. E la rivalità che ha ispirato la sua creazione non era inizialmente di origine francese. Ironia della sorte, fu il crescente predominio dei film americani in Italia che spinse il conte Giuseppe Volpi (nella foto sopra) a co-fondare un importante evento artistico a Venezia.
Insieme ai suoi soci Luciano de Feo e Antonio Maraini, Volpi lanciò la Biennale di Venezia nel 1932 come evento non competitivo.
Con l’82esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia ormai in corso, e pronta ad avere il suo programma più forte da anni, uno sguardo a come tutto è iniziato sembra appropriato. Il conte Giuseppe Volpi di Misurata (1877-1947) è stato un influente uomo d’affari e politico italiano il cui curriculum si legge un po’ come quello di Forrest Gump, e potrebbe/dovrebbe ispirare un film tutto suo.
Prima di istituire la Biennale di Venezia, Volpi fu il Governatore della Tripolitania – la parte nord-occidentale della Libia – e ricoprì anche il ruolo di ministro delle Finanze italiano.
Fondò società di servizi pubblici e sviluppò l’elettricità per Venezia e i Balcani all’inizio del XX secolo. Un decennio dopo Volpi svolse un ruolo chiave nella negoziazione del Trattato di Ouchy, un accordo di pace che pose fine alla guerra italo-turca e vide l’Impero Ottomano ritirare le sue forze armate dall’odierna Libia.
Ma è stato il suo periodo come ministro delle Finanze che ha avvicinato Volpi alla nascita di quella che gli artisti di oggi amano chiamare “La Mostra” (Mostra del Cinema di Venezia).
I talenti americani di serie A hanno trasformato l’evento in una serata di celebrità con il loro ormai tipico arrivo in barca con foto glamour: inserisci George Clooney e Brad Pitt che indossano abiti a due bottoni di Vuitton e Armani. Qualcosa che Volpi avrebbe probabilmente deriso.
Ma i film importati dall’America negli anni ’30 diedero al pubblico italiano una tregua di cui aveva disperatamente bisogno dalla Grande Depressione e dai disordini generali che stavano vivendo. I film americani erano apolitici e spensierati, un mezzo di evasione economico e accessibile.
Eppure Volpi ha visto questa come un’opportunità per elevare e mostrare la cultura italiana e per fornire una piattaforma per un’industria italiana emergente.
E mentre George Clooney sta ancora attirando folle e conquistando i titoli dei giornali a Venezia, si può dire con certezza che l’eredità di quasi 100 anni della Biennale ha onorato la visione di Volpi.
L’ambito Leone d’Oro ha fatto conoscere le carriere di diversi italiani di generazione in generazione: Gillo Pontecorvo, Francesco Rosi, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Bernardo Bertolucci, Liliana Cavani e Roberto Benigni. Per citarne alcuni.
Immagine di Clooney e Pitt a Venezia 2024 per gentile concessione di Getty Images
Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix