Cultura

L’Italia da fuggire e a cui tornare
in un libro a fumetti di Bevilacqua

TORONTO – Negli ultimi anni, prima ancora che la pandemia portasse un po’ di apocalisse nella nostra quotidianità, il romanzo, il cinema, la televisione e soprattutto il fumetto italiani (ma anche internazionali) hanno preso a rivolgersi sempre più spesso al genere post-apocalittico per raccontare (e forse esorcizzare) i mali del presente. In questo filone rientra per certi versi anche Troppo facile amarti in vacanza, l’ultimo libro a fumetti di Giacomo Bevilacqua, edito da Bao Publishing (in vendita anche in formato ebook).

Bevilacqua è un autore pluripremiato che è diventato famoso giovanissimo grazie ad A Panda Piace, serie di piccole strisce divertenti pubblicate sul web; in seguito l’autore ha sperimentato con generi diversi, cimentandosi per la prima volta nel fumetto da libreria con Il suono del mondo a memoria (Bao, 2016), toccando poi l’horror con Lavennder (2017) e il manga distopico con Attica (premiato come migliore fumetto seriale a Lucca 2020).

Troppo facile amarti in vacanza continua per certi versi il discorso sulla distopia iniziato con Attica coniugandolo con il genere post-apocalittico – declinato però in maniera del tutto particolare. Innanzitutto, l’imprecisata catastrofe di cui nel fumetto vediamo le conseguenze non sembra di scala mondiale (come nella maggior parte delle storie post-apocalittiche: pensiamo a La strada di McCarthy, Mad Max o Io sono leggenda) ma riguarda invece specificamente l’Italia, dalla quale la protagonista, Linda, decide di fuggire. La vicenda quindi segue il cammino della nostra eroina da Roma verso le Alpi, in un vero e “proprio paesaggio con rovine”.

Lungo questa strada, Linda incontra e si scontra con vari sinistri personaggi che incarnano quelli che, secondo l’autore, sono i mali che hanno portato alla rovina il Bel Paese (l’invidia, l’avidità, il menefreghismo…). Il carattere del racconto è quindi fortemente allegorico: Bevilacqua non lesina riferimenti piuttosto trasparenti a vari personaggi della politica italiana degli ultimi anni, con una serie di scene forse anche troppo didascaliche. E volendo muovere una critica a quest’opera, si potrebbe argomentare che il tono apertamente polemico dell’autore e la specificità degli attacchi rischino di chiudere a priori ogni possibilità di dialogo proprio con quella parte del pubblico che forse avrebbe più bisogno di affrontare certi discorsi. Ma quella di Bevilacqua è evidentemente una scelta meditata: semplificare al massimo, in modo comunicare il suo pensiero senza filtri e senza possibilità di fraintendimento.

Ad ogni modo, qualsiasi possibile ingenuità della storia è senz’altro riscattata dalla qualità del disegno e soprattutto nell’uso dei colori, che Bevilacqua ha coltivato negli nel corso degli anni e che qui raggiunge forse la sua piena maturità artistica. Lasciano senza fiato le molte pagine completamente mute, in cui il vero protagonista è il paesaggio, pittoresco, struggente, familiare e insieme straniante: questa Italia di un futuro prossimo, abbandonata, devastata (in parte addirittura inondata), ma non priva di una desolante bellezza.

Il viaggio di Linda si conclude comunque con una nota di speranza: in un breve epilogo, l’autore contrappone ai motivi per fuggire anche quelli per tornare. Anche le dediche iniziali, in cui Bevilacqua chiama in causa il figlio nato poco pochi mesi fa, chiariscono che l’obiettivo della fuga è sempre quello del ritorno. E, sul fondo dell’invettiva, resta potentissimo il sentore del profondo amore che lega nonostante tutto l’autore alla sua terra. Non a caso, la frase chiave del fumetto è “Quando si fugge da ciò che si amava, si fugge sempre lentamente “: un messaggio che probabilmente molti dei nostri lettori in Canada si sentiranno di sottoscrivere.

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