Cultura

Dieci anni dalla scomparsa
di Vincenzo Consolo

TORONTO – È impressionante quanto la Sicilia sia onnipresente nella letteratura italiana del secolo scorso: da Pirandello e De Roberto fino ad arrivare a Camilleri, passando per Quasimodo, Vittorini, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino (solo per citare alcuni dei nomi più noti), forse nessun’altra regione ha dato un contenuto così importante alla nostra storia letteraria recente. Ma è anche curioso che pochi di questi grandi autori siciliani abbiano scritto le loro opere nell’isola madre: la letteratura siciliana è, per la maggior parte, essenzialmente una letteratura “fuori” dalla Sicilia.

In questi giorni ricorre il decennale dalla scomparsa di quello che è forse l’ultimo di questi grandi Siciliani “in esilio”: Vincenzo Consolo, nato nel messinese e morto a Milano il 21 gennaio 2012. In un intervento del 1995, Consolo sottolineava proprio lo strano rapporto tra Sicilia, letteratura ed emigrazione: “La mia terra, l’isola, la Sicilia, è una terra estrema, che ha sempre, da una parte, persone non felici socialmente, che, spinte dalla necessità, sono state portate ad emigrare; ma questo non solo dalla Sicilia, ma da tutto il meridione, come voi sapete. Però da parte degli intellettuali, degli scrittori c’è sempre stata, se non la necessità, il desiderio di arrivare al centro, di lasciare questa periferia incerta, cercando un centro che in volta in volta si identificava in Roma, in Firenze, ma soprattutto in Milano.”

Proprio dall’“osservatorio” Milano, in cui si consumò gran parte della sua vita fino alla malattia finale, Consolo scrisse i suoi libri più significativi, sempre però con un occhio alla Sicilia, cui rimaneva profondamente legato; ne è un esempio il suo secondo romanzo, forse il più famoso, che nel 1976 lo rivelò finalmente al grande pubblico: “Il sorriso dell’ignoto marinaio”. Si tratta di un romanzo storico ambientato nella Sicilia ai tempi dell’unificazione italiana, che però diventa un’allegoria della Milano post-sessantottina. Uno sforzo costante della poetica di Consolo fu d’altra parte quello di tenere insieme passato e presente: anche nello stile, era costante nelle sue opere il riferimento alla tradizione letteraria, che diventava però la base su cui innestare organicamente soluzioni moderne e finanche sperimentali (in contrasto con l’approccio di ‘rottura’ del “Gruppo 63”). Proprio come il protagonista del “Sorriso dell’ignoto marinaio”, il barone Mandralisca, che guardando il celebra ritratto quattrocentesco di Antonello da Messina (dal quale il romanzo prende il titolo) riflette sulle sue radici confrontandoli coi violenti sconvolgimenti del presente, interrogandosi sulla “storia che vorticando dal profondo viene”. Così Vincenzo Consolo, parlando della sua Sicilia, ci descrive in realtà l’Italia intera degli ultimi e forse il mondo per come è sempre stato.

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Nelle foto, tratte da Wikipedia, Vincenzo Consolo e una lettera inviata a Leonardo Sciascia al quale Consolo era particolarmente legato

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