TORONTO – Allacciamo le cinture di sicurezza e prepariamoci a un 2025 carico di cambiamenti. Il prossimo anno infatti segnerà quasi sicuramente la fine dell’era Trudeau, al governo dal lontano 2015 dopo i nove anni di Stephen Harper alla guida del Paese. La fine della legislatura, con le elezioni federali già in programma, è per il prossimo ottobre, anche se appare ormai certo che andremo alle urne molto prima. Le opposizioni, infatti, hanno già messo in cantiere la sfiducia all’esecutivo liberale, con un provvedimento che sarò presentato il prossimo 7 gennaio nella commissione Conti e Finanze della Camera. La misura verrà poi trasmessa alla House of Commons il 27 gennaio, in concomitanza con il riavvio dei lavori parlamentari dopo la pausa invernale, mentre stando al calendario della Camera dei Comuni la prima occasione buona per poter votare la sfiducia sarà il 30 gennaio.
A quel punto, avremo la crisi di governo, con l’accelerazione verso le urne ben prima della data prevista. Resta solo da capire cosa farà nei prossimi giorni il primo ministro, che con tutta probabilità deciderà di gettare la spugna e farsi da parte per permettere al Partito Liberale di dotarsi di una nuova leadership prima dell’appuntamento elettorale.
In questo caso molto probabilmente Trudeau si giocherà la carta della prorogation, quello strumento istituzionale che permette al primo ministro di sospendere per un periodo limitato i lavori parlamentari, portando all’azzeramento della sessione della legislatura.
Ma i grandi cambiamenti per il 2025 non finiranno qui. Stando all’istantanea scattata dai sondaggi ormai da molto tempo, il Partito Conservatore guidato da Pierre Poilievre è sul trampolino di lancio per vincere a valanga le prossime elezioni, sfondando facilmente quota 200 deputati, entrando quindi alla Camera con una abbondante maggioranza parlamentare. Salvo terremoti politici difficili da ipotizzare, Poilievre sarà il nuovo primo ministro, con i liberali, l’Ndp di Jagmeet Sing e il Bloc Quebecois di Yves Blanchet che si giocheranno la partita elettorale per diventare opposizione ufficiale alla Camera.
Il grande cambiamento, ovviamente, arriverà anche dal cambio di guardia alla Casa Bianca a Sud del confine. Donald Trump, dopo aver sconfitto Joe Biden alle elezioni presidenziali dello scorso novembre, assumerà i pieni poteri il prossimo 20 gennaio e sul Canada già pende come una spada di Damocle la minaccia di dazi doganali al 25 per cento per tutti i prodotti canadesi che entrano nel mercato americano.
Se la misura dovesse essere adottata, le potenziali conseguenze per la nostra economica sarebbero catastrofiche e potrebbero aprire le porte alla recessione. Ora, resta da capire se il piano presentato prima di Natale dal nuovo ministro delle Finanze Dominic LeBlanc, che prevede un rafforzamento significativo della sicurezza ai confini nella lotta al traffico di stupefacenti e all’immigrazione illegale, sarà ritenuto sufficiente dalla nuova amministrazione o se si dovrà fare di più.
Ma i grandi cambiamenti potrebbero arrivare anche a livello provinciale, con il premier Doug Ford che dovrebbe – anche se qui il condizionale è d’obbligo – indire le nuove elezioni con un anno di anticipo, visto che l’appuntamento alle urne era in programma per il 2026. Tutti i segnali degli ultimi mesi portano a pensare che il leader del Progressive Conservative possa decidere di spingere sull’acceleratore e andare al voto anticipato.
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