TORONTO – Il regista italiano Paolo Sorrentino, il cui ultimo film Parthenope sta battendo i record al botteghino in Italia, ha annunciato che il suo prossimo film sarà un’altra collaborazione (l’ottava) con il quattro volte vincitore del David di Donatello Toni Servillo. I due hanno lavorato insieme per i film vincitori dell’Oscar La grande bellezza, La mano di Dio e Il Divo. Sorrentino non sta anticipando molto sul progetto, a parte il titolo, La Grazia, che dice sarà una “storia d’amore”.
Si dice che La Grazia dovrebbe essere girato nella primavera del 2025, con Sorrentino che scrive la sceneggiatura e Annamaria Morelli che lo produce con la sua etichetta The Apartment. Il distributore romano PiperFilm distribuirà il film in Italia.
Per ora, Toni Servillo come protagonista [ancora una volta] è l’unico argomento di discussione. Eppure Servillo, che è un attore bravo quanto chiunque altro, sia in Italia che all’estero, stranamente non ha mai sfondato nel mercato internazionale. E nonostante abbia condiviso lo schermo con attori di notevole prestigio come Dustin Hoffman, Isabelle Huppert, Jean Reno e Connie Nielson, il suo talento merita di meglio. E così l’Italia.
Che ci piaccia o no, gli artisti, e spesso gli attori, sono di fatto gli ambasciatori del loro paese d’origine, e i loro film nei momenti migliori possono aiutare a portare una cultura o una nazione nello zeitgeist globale. Pensate a Sophia Loren e alle sue collaborazioni con Frank Sinatra, Cary Grant e Clark Gable, che l’hanno resa una beniamina di Hollywood e un nome familiare in tutto il mondo. O Roberto Benigni che alla fine degli anni ’90 ha ottenuto riconoscimenti internazionali per aver scritto, diretto e interpretato il dramma sull’Olocausto La vita è bella.
Perché allora, nel 21° secolo, attori italiani come Servillo hanno difficoltà a raggiungere il pubblico globale? Per un indizio, potremmo tornare a Benigni per concentrarci sul potenziale responsabile. Durante il discorso di accettazione alla 71a edizione degli Oscar, di Benigni ha confessato in modo eccellente e spassoso: “Questo è un terribile errore perché ho esaurito tutto il mio inglese”. Secondo la classificazione europea EF EPI del 2024, che valuta la competenza linguistica inglese di un paese, l’Italia si è classificata al 30° posto tra le 33 nazioni in classifica. Appena davanti a Francia, Turchia e Azerbaigian. La riluttanza a parlare inglese a tutti i costi è una verità ben visibile ma che tutti fan finta di non vedere in Italia.
Nel periodo ellenistico, il greco era parlato tra le classi istruite. All’apice dell’Impero romano, il latino era la lingua franca. E nell’industria cinematografica, il mercato americano e lo Studio System [ancora] la fanno da padroni. Ci possono essere alcuni nell’industria che insistono nel presentare il cinema americano come il luogo in cui l’arte va a morire, ma è questo tipo di pensiero controintuitivo che impedisce di evolversi e di avere successo. Gli italiani non devono fare film americanizzati, ma non farebbe male ai nostri attori ripassare il loro inglese. Pubblicizzare l’Italia all’estero potrebbe dare i suoi frutti per l’industria italiana.
Per illustrare il punto, alla fine degli anni 2000 Roberto Benigni ha girato l’Italia con il suo spettacolo improvvisato di poesia “Tutto Dante”, in cui ha spiegato e recitato la Divina Commedia di Dante, combinandola con umorismo ed eventi di attualità. Poi ha imparato l’inglese in modo da poter portare lo spettacolo negli Stati Uniti e in Canada. Servillo è un talento straordinario, di cui gli italiani dovrebbero essere orgogliosi. Ma se nell’anno 64 d.C. Nerone, l’uomo più potente del mondo occidentale e imperatore della Roma di lingua latina, poteva entusiasmarsi nel recitare poesie in greco, l’inglese dovrebbe essere un gioco da ragazzi per i nostri attori.
Foto di Sorrentino e Servillo per gentile concessione di Getty Images; foto di Sophia Loren e Clark Gable, in basso, per gentile concessione di Paramount Pictures
Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix