Canada

“Il Convoy non era
una minaccia nazionale,
ma fu giusto attivare
le leggi d’emergenza”

TORONTO – È iniziata ieri la sesta e ultima settimana di deposizioni e testimonianze alla commissione d’inchiesta pubblica di Ottawa sulla legislazione d’emergenza. Nelle ultime cinque settimane sono già stati sentiti oltre sessanta testimoni, che hanno fornito la loro versione. Ma ora, si entra davvero nel vivo dei lavori della commissione: il primo ministro Justin Trudeau e sette ministri del governo liberale appariranno per spiegare le circostanze che portarono l’esecutivo ad attivare, per la prima volta nella storia canadese, la legislazione d’emergenza per porre fine all’occupazione del centro di Ottawa e dei valichi di frontiera tra gennaio e febbraio.

Ieri ha testimoniato David Vigneault, capo dei servizi segreti federali, che nella sostanza ha ribadito quanto aveva già detto agli avvocati della commissione nella fase preliminare. Secondo il chief della Canadian Security Intelligence Service il Freedom Convoy non rappresentava una vera e propria minaccia alla sicurezza nazionale, stando a quella che viene considerata la definizione canonica data dagli stessi servizi segreti: spionaggio o sabotaggio contro il Canada, attività influenzate dall’estero all’interno o relative al Canada che sono dannose per gli interessi del Canada e sono clandestine o ingannevoli, o comportano una minaccia per qualsiasi persona, attività all’interno o relative al Canada dirette verso il sostegno, la minaccia o l’uso di atti di violenza grave contro persone e proprietà allo scopo di raggiungere un obiettivo politico, religioso o ideologico all’interno del Canada.

Secondo Vigneault, il Convoglio non rispondeva a nessuna di queste categorie. Nonostante questo Vigneault fu d’accordo con il primo ministro Trudeau nella decisione di attivare le leggi d’emergenza, come ha confermato anche ieri. “Quando chiese la mia opinione – ha testimoniato sotto giuramento – raccomandai di attivare la legislazione d’emergenza”.

Già la scorsa settimana, altri funzionari avevano toccato il tema della definizione di sicurezza nazionale. Il consigliere per la sicurezza nazionale di Trudeau, Jody Thomas, ha suggerito che i funzionari si affidavano alla capacità di assumere un’interpretazione più ampia di ciò che costituisce una “minaccia alla sicurezza nazionale” rispetto a quanto delineato nella definizione del CSIS Act su cui si basa l’Emergencies Act – anche se ha insistito sul fatto che entrambi gli atti devono essere modernizzati per riflettere come si sono evolute le minacce.

Nei prossimi giorni, saranno gli stessi ministri a dover chiarire questo controverso passaggio, che è intimamente collegato con il mandato specifico affidato alla commissione: il governo, cioè, fu giustificato adinvocare le misure straordinarie dalla chiara situazione d’emergenza?

La scorsa settimana, il commissario per l’inchiesta Paul Rouleau ha chiarito l’accordo che gli avvocati della commissione hanno raggiunto con il governo federale su ciò che può essere sollevato durante la testimonianza.

Qualsiasi “input” ai membri del governo, compresi i consigli dei non ministri e le informazioni messe di fronte a loro, può essere reso pubblico, ha detto. Ma le discussioni tra i ministri stessi, e ciò che ogni ministro ha detto, sono ancora considerate materiale confidenziale. Documenti del governo, e-mail private e messaggi di testo e rapporti di intelligence tipicamente classificati sono stati tutti presentati come prove, ma molti sono pesantemente oscurati per motivi di sicurezza nazionale.

Questa settimana è prevista la testimonianza di Bill Blair. L’ex capo della polizia di Toronto sarà probabilmente interrogato sulla sua valutazione delle decisioni di polizia prese mentre si svolgeva il “Convoglio della libertà” e le sue apparenti differenze di opinione con l’ex capo della polizia di Ottawa Peter Sloly e funzionari del governo dell’Alberta.

Toccherà poi a Marco Mendicino: in qualità di ministro della pubblica sicurezza, il suo portafoglio include la gestione di CSIS, RCMP e Canada Border Services Agency. Dovrà affrontare domande sul suo suggerimento all’inizio di quest’anno che la polizia ha richiesto l’Emergencies Act quando in seguito hanno affermato di non averlo fatto. E potrebbe essere interrogato sui testi in cui il suo addetto stampa ha suggerito una strategia mediatica intorno a “elementi più estremi” della protesta. Tra i testimoni, ci saranno anche il ministro degli Affari intergovernativi Dominic LeBlanc, quello dei Trasporti Omar Alghabra, il ministro delle Finanze Chrystia Freeland, Katie Telford, capo dello staff di Trudeau. Venerdì infine toccherà al primo ministro.

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