Canada

I numeri spaventano
ma ci sono segnali
che lasciano ben sperare

TORONTO – Eravamo pronti ormai da alcuni giorni, ma i numeri presentati ieri sul contagio in Ontario spaventano. Nell’ultima settimana il Chief Medical Officer provinciale Kieran Moore, quello federale Theresa Tam e vari componenti del Comitato Tecnico Scientifico dell’Ontario ci avevano avvertito: nell’immediato futuro avremmo visto dei dati senza precedenti in questa pandemia a causa della variante Omicron, che sta alimentando questa nuova ondata nel nostro Paese e nel resto del mondo.

I quasi 5.800 nuovi casi registrati nelle ultime ventiquattrore rappresentano il numero più alto mai avuto in questa pandemia: oltre a questo, come è stato ricordato ieri anche dal direttore del Science Table Peter Juni, in questo momento l’efficienza dei laboratori d’analisi è messa a dura prova, con migliaia di tamponi che non vengono analizzati immediatamente. Il numero di ieri, quindi, è molto più basso rispetto al dato reale. Lo stesso Juni, lo scorso 15 dicembre, aveva dichiarato che entro fine dicembre avremmo tranquillamente raggiunto quota 10mila nuovi positivi giornalieri. Preoccupa anche un altro dato, quello del tasso di positività, anche questo a livelli record: ieri era all’11,6 per cento, martedì si trovava al 10,7 mentre il mese scorso – prima dell’arrivo della nuova variante Omicron – era fermo al 3 per cento.

Detto questo, ci sono anche dei segnali incoraggianti in questa nuova fase di crescita della curva epidemiologica. Prima di tutto i dati confermano quantomeno una buona efficacia dei vaccini. Bisogna infatti fare un passo indietro e tornare al 16 aprile dello scorso anno, fino a ieri il giorno con più casi mai registrati in Ontario, ben 4.800: all’epoca, quando la campagna di vaccinazione di massa in provincia e nel resto del Canada era ancora nella sua fase iniziale, negli ospedali dell’Ontario erano ricoverate per Covid quasi 2mila persone. Ora le ospedalizzazioni sono 440, quasi tutte di persone che non hanno ancora completato il loro percorso vaccinale o sono completamente non vaccinate.

Comparando la curva dei contagi con quella degli altri indicatori utilizzati dalla comunità scientifica – ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi – notiamo che all’aumento giornaliero del numero dei positivi non corrisponde una crescita proporzionale dei casi gravi che richiedono il ricovero in ospedale o in terapia intensiva.

Come hanno ipotizzato numerosi studi in Inghilterra, Danimarca, Scozia e Sudafrica, Omicron sembra essere maggiormente infettivo ma le conseguenze mediche che porta con sé appaiono più lievi. Inoltre, la presenza di due dose di vaccino, o meglio tre, garantisce una barriera protettiva molto significativa.

Insomma, la situazione non è delle migliori, ma allo stesso tempo ci sono dei motivi concreti per ben sperare. Resta il fatto che in questo momento la priorità numero uno è quella di garantire la protezione del nostro sistema sanitario, che in alcune fasi della pandemia ha rischiato di essere travolto dall’alto numero di ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva. Anche in vista del Natale, quindi, l’invito è quello di rispettare quelle regole di buon senso – mascherina, distanza sociale e igiene delle mani – che ci hanno accompagnato lungo tutta la pandemia.

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