Canada

Crisi abitativa e costo della vita,
nodi che il governo
deve sciogliere

TORONTO – Ricalibrare l’agenda dell’esecutivo, fissare le priorità di questa seconda fase della legislatura, dare una svolta decisa all’azione di governo. Sono questi i principali obiettivi del consiglio dei ministri organizzato a Charlottetown, nella Prince Edward Island. Un vertice, quello voluto dal primo ministro Justin Trudeau, messo in piedi anche in vista del riavvio dei lavori parlamentari a Ottawa il prossimo 18 settembre dopo la lunga pausa estiva.

Saranno due i principali nodi che dovranno essere sciolti dal governo nei prossimi mesi e saranno proprio questi due i temi dominanti della tre giorni di Charlottetown: quello della crisi abitativa che sta attanagliando il Canada, in particolare i grandi centri urbani come Toronto, Montreal e Vancouver e quello relativo all’aumento senza freni del costo della vita che pesa sulle tasche dei contribuenti canadesi. L’immobilismo del governo, a due anni dalle elezioni del 2025, potrebbe costare caro a Trudeau, al potere dal 2015 e in grande difficoltà in termini di consenso, almeno secondo i sondaggi degli ultimi sei mesi. La popolarità del primo ministro è in fase calante ormai da molto tempo, e l’effetto a tenaglia dell’inflazione e dei tassi d’interesse record non ha fatto altro che alimentare il malcontento strisciante nell’elettorato canadese nei confronti del leader liberale.

Stando a un recente sondaggio della Nanos, circa un terzo dei canadesi ritiene il governo responsabile per la corsa impazzita dei prezzi dell’ultimo anno, una percentuale ben al di sopra di quella attribuita alle imprese canadesi che gonfierebbero i prezzi (22 per cento) e delle presunte responsabilità di Bank of Canada (10 per cento). Insomma, è il governo che paga in termini di immagine e di consenso, anche se poi effettivamente quello dell’inflazione fuori controllo è stato ed è tuttora un fenomeno che ha colpito un po’ tutte le economie occidentali, da quella americana a quelle europee. Su questo fronte sembra fare breccia il messaggio ripetuto come un mantra negli ultimi mesi dal leader conservatore Pierre Poilievre, secondo il quale l’aumento del costo della vita sia direttamente collegato alle politiche liberali, in particolare alle spese fuori controllo che incidono sul rosso dei conti.

In effetti l’esecutivo su questo fronte ha cercato di correre ai ripari, con il nuovo ministro del Tesoro Anita Anand che nei giorni scorsi ha inaugurato una nuova stagione di austerity chiedendo ai colleghi dell’esecutivo di tagliare programmi pubblici per un totale di 15,4 miliardi di dollari, con tanto di deadline fissata per il prossimo 2 settembre.

Ma non basta. Il governo deve anche fare i conti con il deficit strutturale ereditato dai due anni più pesanti della pandemia di Covid-19 e con un rosso dei conti che allontana sempre di più l’ipotesi del pareggio del bilancio.

In ogni caso il meeting di governo di Charlottetown rappresenta il primo incontro ufficiale dell’esecutivo dal corposo rimpasto voluto dalle stesso Trudeau a fine luglio. Un rimescolamento delle carte che ha portato alla bocciatura di otto ministri di lungo corso e alla promozione di deputati che non avevano ancora avuto esperienze di governo: l’obiettivo dichiarato dal primo ministro era quello di portare a una svolta l’azione dell’esecutivo imbarcando forze fresche per la seconda parte della legislatura. Ma la manovra ha provocato qualche mugugno nel gruppo parlamentare in una fase in cui i liberali hanno bisogno di fare fronte comune ed evitare spaccature e divisioni interne.

Nell’immagine in alto, il primo ministro Justin Trudeau (foto: ufficio del PMO)

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