“Barriere interprovinciali? Una riforma sopravvalutata”
TORONTO – Il peso specifico della rimozione delle barriere interprovinciali sul commercio è stato largamente sopravvalutato. È questa la conclusione di un lungo rapporto presentato ieri dal Canadian Centre for Policy Alternatives che mette in luce come l’impatto della completa liberalizzazione del mercato interno canadese non avrà quelle conseguenze determinanti così come invece ci sono state presentate dal primo ministro Mark Carney e dai premier provinciali. Anche perché – è questo il ragionamento degli autori dello studio – il vero nodo da risolvere è quello della guerra commerciale con gli Stati Uniti, in un percorso di normalizzazione che potrebbe, in un secondo momento, giovare della riforma sul commercio interno.
Carney ha promesso durante le elezioni di primavera un percorso certo per “forgiare un’economia canadese” con i premier, eliminando le barriere interne al commercio e alla mobilità dei lavoratori in risposta ai dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Il ministro del Commercio Interno Chrystia Freeland ha indicato studi che affermano che le barriere commerciali interne ammontano a una tariffa del sette per cento che il Canada impone a se stesso e che rimuoverle potrebbe rilanciare l’economia fino a 200 miliardi di dollari.
Ma il rapporto del think tank Canadian Centre for Policy Alternatives esamina le misure adottate da Ottawa e dalle province per rimuovere la burocrazia e sostiene che faranno poco per mitigare la minaccia tariffaria o per rilanciare significativamente l’economia.
“C’è consenso politico – si legge nel documento – sull’importanza di rafforzare l’unione economica del Canada, soprattutto alla luce dell’aumento del prezzo di ingresso al mercato statunitense da parte di Trump. Il problema è che nostri governi stanno rinunciando alle poche leve che gli rimangono per sostenere lo sviluppo economico locale e garantire standard elevati per i beni, i servizi e la certificazione del lavoro. Data la misura in cui il Canada ha già liberalizzato il commercio interno, sacrificando il suo spazio politico, questa risposta alla minaccia di Trump può essere vista in gran parte come un teatro politico”.
Ma non solo. Secondo il rapporto, la deregulation interne non solo non aiuterebbe, ma potrebbe avere anche delle conseguenze negative.
“Detto questo – continua il rapporto – le politiche di riconoscimento reciproco da parte delle province e del governo federale rischiano una corsa al ribasso in settori come la salute e la sicurezza sul lavoro se non gestite con attenzione. Questa agenda commerciale interna fa poco per compensare le gravi perdite economiche attribuibili ai dazi di Trump. Al contrario. Sebbene i benefici siano limitati a un piccolo sottoinsieme dell’economia, il costo reale è che lasciano sia i governi federali che quelli provinciali con meno strumenti per affrontare l’incertezza economica e ambientale che ci aspetta”.
In alto, un tratto della TransCanada Highway (foto: Statistics Canada)