TORONTO – La premessa in questo caso è d’obbligo: con Donald Trump non si può mai essere certi di nulla, l’imprevedibilità è il suo marchio di fabbrica e tutto e il contrario di tutto si possono accavallare in una frazione di secondo. Al netto di questa considerazione, possiamo dire che il Canada per ora tira un sospiro di sollievo.
Nel suo discorso inaugurale il presidente americano, spiegando il suo programma per questo secondo mandato alla Casa Bianca, non ha citato il nostro Paese, che era invece stato al centro della sua attenzione per mesi, tra minacce di dazi doganali e proposte fantomatiche di un assorbimento del Canada nella confederazione americana. Nel suo intervento ha citato più volte la necessità di ricalibrare i rapporti commerciali con gli altri Paesi, ma non ha fatto alcun riferimento specifico all’attivazione di dazi doganali verso i prodotti che arrivano negli Stati Uniti dall’estero dal nostro Paese.
Ma c’è un però, perché anche l’ambiguità fa parte degli strumenti narrativi del nuovo presidente. “Invece di tassare i nostri cittadini arricchendo i cittadini stranieri – ha detto – faremo arricchire i nostri cittadini, facendo pagare i cittadini stranieri.
Per questo ordinerò la creazione di un’Agenzia delle entrate Esterna che si occuperà di raccogliere i dazi e le tariffe dall’estero, che saranno altissime”. Occorre inoltre ricordare che nei mesi scorsi le minacce di dazi doganali erano state fatte anche verso gli altri Paesi, dalla Cina fino all’Unione Europea.
Su questo punto bisogna essere estremamente chiari: il pericolo resta, la minaccia di un provvedimento che potrebbe produrre un effetto domino sull’economia canadese trascinandoci verso una nuova recessione non è stata disinnescata. A quanto pare, almeno stando a quanto detto dal nuovo inquilino della Casa Bianca, le priorità sono altre. In politica estera Trump vuole riprendersi il Canale di Panama e lo ha ribadito con toni minacciosi anche nel suo discorso di insediamento. Gli Usa – ha poi aggiunto – dichiareranno lo stato di emergenza nazionale per militarizzare il confine Sud, con il Messico: così facendo, il presidente americano potrà utilizzare l’esercito.
In ogni caso il governo canadese sa fin troppo bene che bisogna rimanere all’erta. L’esecutivo ha già pronto nel cassetto il provvedimento che impone contro dazi doganali verso gli Stati Uniti suddivisi in tre gruppi, da imporre successivamente in una potenziale escalation che nessuno vorrebbe vedere né in Canada né a Sud del confine.
Nelle scorse settimane Ottawa ha cercato di venire incontro alle richieste dall’amministrazione americana entrante, annunciando un piano di rafforzamento dei confini per un maggiore controllo sull’immigrazione clandestina e per lo smercio di sostanze stupefacenti. Allo stesso tempo è iniziato un forte pressing da parte dei premier delle varie province su governatori, rappresentanti del Congresso e del Senato per far capire l’impatto negativo che eventuali dazi doganali avrebbero avuto sia in Canada sia negli Stati Uniti.