Canada

Il Canada è ancora fra i più grandi inquinatori (anche senza il fumo degli incendi)

TORONTO – Altro che “carbon tax”, macchine elettriche e “politiche ambientali” à la Justin Trudeau: il Canada si conferma fra i più grandi inquinatori del mondo in qualità di produttore di combustibili fossili e, con altri Paesi, sta vanificando la possibilità del mondo di raggiungere obiettivi-chiave per contenere il cambiamento climatico. A dirlo è il rapporto annuale “Production Gap Report”, prodotto da tre organizzazioni no-profit di ricerca sul clima (e scaricabile qui).

“Il continuo fallimento collettivo dei governi nel ridurre la produzione di combustibili fossili e le emissioni globali significa che la produzione futura dovrà diminuire più drasticamente per compensare”, si legge nel rapporto. “Queste riduzioni più profonde saranno più difficili e costose da ottenere, a causa dell’ulteriore blocco delle infrastrutture per i combustibili fossili aggiunte negli anni ’20 e dell’aumento del ritmo delle riduzioni richieste d’ora in poi.”

Tra i venti principali Paesi produttori di combustibili fossili descritti nel rapporto, l’aumento previsto della produzione di petrolio del Canada per il 2030, rispetto ai livelli del 2023, è fra i più consistenti a livello mondiale. Non solo. Il Canada si classifica: tra i primi quattro produttori di petrolio (con circa il 6,5% del totale mondiale) dietro soltanto a Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia e davanti alla Cina; fra i primi quattro produttori di gas (con il 4,9% del totale mondiale) dietro a Stati Uniti, Russia e Cina; undicesimo nella produzione del carbone (con lo 0,6 del totale mondiale).

Oltretutto, il contributo del Canada alla produzione di combustibili fossili è probabilmente pure sottostimato, nel rapporto, poiché quest’ultimo si basa su previsioni energetiche a partire dal 2023, prima che il governo desse il via libera a diversi nuovi progetti di gas naturale liquefatto, come spiega Nichole Dusyk, consulente politico senior presso l’Istituto Internazionale per lo Sviluppo Sostenibile, che ha collaborato alla stesura del rapporto.

Peraltro, l’espansione della produzione canadese di petrolio e gas avviene in un momento in cui il Canada sta ritirando alcune politiche climatiche chiave, ha affermato Dusyk. Il primo ministro Mark Carney ha infatti abrogato la carbon tax per i privati cittadini e sospeso l’obbligo di vendita di veicoli elettrici, in completa rottura con la linea-Trudeau che si è rivelata fallimentare, visto il flop delle vendite di auto elettriche e l’inutilità della carbon tax privata ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Lo stesso Carney si è mostrato evasivo sugli obiettivi di emissione previsti per legge per il 2030 ed il 2035, sebbene il governo affermi di essere ancora concentrato sul raggiungimento dell’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Del resto, l’Alberta ed i gruppi dell’industria petrolifera hanno criticato duramente le politiche ambientali liberali, definendole un ostacolo alla crescita, e ne hanno chiesto l’annullamento.

Guardando al totale delle produzioni (petrolio, gas e carbone) ed al loro effetto in termini di emissioni di gas serra basate sull’estrazione, viene fuori che nel 2022 il Canada era fra i primi dieci Paesi che insieme, rappresentavano il 76% del totale globale (i primi trentacinque rappresentavano il 95%). Se si aggiungessero le emissioni (= fumo) prodotte ogni estate dai devastanti incendi che colpiscono l’intero Paese, e delle quali il rapporto non tiene conto (essendo incentrato sulle emissioni industriali), probabilmente il Canada schizzerebbe sul podio che vede in testa la Cina, seguita da Stati Uniti e Russia.

La foto in alto ed il video qui sotto sono tratti dal report “Production Gap 2025”

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