Canada

Interferenze, muro di Justin Trudeau
Joly incontra il ministro cinese

TORONTO – Justin Trudeau continua a fare muro sulla controversa vicenda delle interferenze cinesi nel processo elettorale del Canada. Il primo ministro ha respinto con forza, ancora una volta, l’ipotesi di creare una commissione d’inchiesta pubblica ad hoc per fare piena luce sugli interventi di Pechino nelle due tornate elettorali del 2019 e del 2012, e questo nonostante il documento finale firmato nella commissione della House of Commons giovedì scorso nel quale in sostanza si chiedeva al governo federale di intervenire e di uscire dall’immobilismo delle ultime settimane. Trudeau per ora non ha alcuna intenzione di rivedere i programmi del governo che, a questo punto, non prevedono di tornare sulla delicata questione.

Venerdì scorso, durante una conferenza stampa a Winnipeg, ha ribadito ancora una volta come tutta la documentazione presentata in commissione, così come le testimonianze dei responsabili delle principali agenzia di sicurezza del Paese, dimostrano come le interferenze cinesi, ove di siano state, non hanno in alcun modo influenzato il risultato finale. Una tesi questa, quella ribadita dal leader liberale, che non piace né al leader dell’opposizione Pierre Poilievre, né tanto meno a quello dell’Ndp Jagmeet Singh, che continuano a chiedere con forza la creazione di una commissione d’inchiesta per fare piena luce sulla vicenda.

Ed è proprio la posizione del leader dell’Ndp a preoccupare maggiormente il primo ministro: l’opposizione radicale di Poilievre è comprensibile all’interno del governo, quella del capo del partito i cui voti mantengono in vita l’esecutivo sono ovviamente tutta un’altra storia. Senza il sostegno dei deputati neodemocratici, il governo di minoranza non può sopravvivere in parlamento, con la prossima scadenza del budget federale che sia avvicina minacciosa.

A questo punto resta da capire fino a che punto Singh sarà intenzionato a tirare la corda e se, dall’altro lato, il primo ministro sarà disposto a rischiare la crisi di governo pur di bloccare la commissione d’inchiesta.

Trudeau ha ribadito ancora una volta come le interferenze provenienti dall’estero, russe e cinesi soprattutto, ci siano sempre state nella storia recente del Canada e come, allo stesso tempo, le agenzie federali siano sempre state in grado di neutralizzarle completamente o in qualche modo di limitarle.

Se il fronte interno è infuocato, anche sul piano internazionale continuano a esserci tensioni che scuotono l’esecutivo. Melanie Joly ha avuto modo di parlare con il ministro degli Esteri cinese Qin Gang durante una riunione del G20 a Nuova Delhi, dicendogli che il Canada non accetterà che la Cina si intrometta nella democrazia canadese. “Non accetteremo mai alcuna violazione della nostra integrità territoriale e sovranità”, ha scritto Joly in una dichiarazione, dopo che i media hanno riferito della conversazione.

Il media statale cinese Xinhua ha riferito che Qin ha rimproverato Joly per non aver condannato i rapporti di Global News e Globe and Mail sulle interferenze.
Qin avrebbe negato ancora una volta l’ipotesi di interferenza e avrebbe invitato il governo Trudeau a “impedire a voci non confermare” di far deragliare le relazioni bilaterali.

Joly ha confermato che Ottawa non permetterà ai diplomatici cinesi di violare gli accordi internazionali che limitano gli inviati dall’interferire nella politica locale. La conversazione è avvenuta mentre i principali diplomatici del Gruppo dei 20 paesi industrializzati e in via di sviluppo hanno tenuto una riunione molto concitata, terminata senza alcun consenso sulla guerra in Ucraina.

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