Cultura

L’Italiano a Toronto.
Una storia da percorrere
lunga quasi centocinquant’anni

TORONTO – A Toronto basta percorrere qualche grande viale (per esempio, St Clair West o College street), oppure fare una passeggiata in qualche strada secondaria (scelgo a caso, nei dintorni del mio quartiere, Oakwood street) per ritrovarsi di fronte a insegne in italiano: nomi di ristoranti, bar, chiese, targhe per celebrità locali, uffici, etc.

Certo, si tratta soprattutto di testimonianze di anni passati, quando la nostra lingua circolava vivace nella metropoli, praticata da centinaia di migliaia di persone, addirittura il primo idioma “straniero”, escludendo ovviamente inglese e francese (secondo le stime, non così lontane, di Census Canada del 2006). Sebbene i tempi siano cambiati, questa vitalità linguistica persiste ed è ancora degna di nota, con anche un’ammirevole circolazione attraverso i media; basti pensare ai canali televisivi, alle radio e allo stesso giornale in cui state leggendo queste parole.

Ma, come accennato sopra, la presenza della lingua italiana a Toronto affonda le radici nel passato, un passato più remoto di quanto si possa pensare, che oltrepassa persino i ricordi dei nonni arrivati tra gli anni Cinquanta e Sessanta, spingendosi fino agli anni settanta dell’Ottocento, quando i primi immigrati (i fruttivendoli genovesi, gli scalpellini e gli scultori da Lucca; infine, i musicisti da strada, tanto da Genova quanto da Potenza) cominciarono a gettare le basi della Little Italy di Toronto.

A essi si aggiunsero presto compatrioti di altre regioni (abruzzesi, siciliani, calabresi, ma anche piemontesi e friulani) e possiamo immaginare che, in questo variegato puzzle dialettale, i nostri predecessori trovassero compromessi idiomatici per comunicare, forme di italiani regionali per ritrovarsi, scambiare idee e fare affari.

Insomma, la storia dell’italiano a Toronto comincia in tempi lontani, più di un secolo fa, ed è continuata non solo nelle pratiche orali, ma anche in quelle scritte, con giornali, scuole, informazioni comunitarie (di associazioni, parrocchie, etc.), semplici lettere inviate a familiari e conoscenti.

Tutto questo materiale documentario sonnecchia negli archivi cittadini, del municipio e dell’arcidiocesi, e varrebbe la pena di occuparsene, per capire come gli immigrati gestissero la nostra lingua nazionale, con, da una parte, possibili influenze dei dialetti e, dall’altra, ancor più possibili influenze della lingua inglese.

Tuttavia si trattava pur sempre di lingua italiana, non relegabile a un semplice sistema fisso di regole grammaticali e di vocaboli, ma che corrisponde a quello che gli specialisti definiscono un continuum linguistico, ossia un ideale spazio di comunicazione; i poli di questo spazio potrebbero essere identificati, verso l’alto, dall’italiano letterario e da quello standard e, ovviamente, per il caso di Toronto, dall’inglese; verso il basso, invece, dagli italiani regionali e, ancor più giù, dai dialetti.

Scrivo questo perché per molti, troppi, anni, alcuni/e studiosi/e hanno monopolizzato la scena della locale ricerca linguistica (e ancora, purtroppo, all’ora attuale, altri insistono sulla stessa via) con disinvolte ipotesi di presunte varietà idiomatiche originatesi dall’incontro tra dialetti (e, all’occorrenza, lingua italiana) degli immigrati e inglese, dando luogo a teorie molto dubbiose, basandosi su qualche storpiatura lessicale che sicuramente doveva uscire dalla bocca di italiani che mal masticavano l’inglese.

Tuttavia, immaginare che nascessero lingue nuove da un manipolo di parole inglesi deformate è un’operazione non solo ingenua, ma anche fuorviante, tanto da un punto di vista metodologico, quanto da quello dell’etica scientifica, con conseguenti studi e pubblicazioni a dir poco discutibili, ripetitivi e dai dati difficilmente verificabili.

Si strappa certo la risata, si provoca qualche nostalgico pseudo-ricordo, ma non si racconta la presenza linguistica italiana a Toronto.

Insomma, «bando alle ciance», varrebbe la pena di ripercorrere la storia della nostra lingua a Toronto, una storia di quasi centocinquanta anni che può offrire, a chi si avventura in polverosi archivi e studia con metodo i documenti, inaspettate sorprese. Ed è quello che mi piacerebbe fare dalle colonne di questo giornale nei prossimi mesi.

Franco Pierno

(Franco Pierno – nella foto in alto – è Full Professor di Linguistica Italiana e membro del Trinity College presso l’Università di Toronto)

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