Canada

Vaccino obbligatorio
per alcune categorie:
polemiche e veleni

TORONTO – Riesplode la polemica sull’obbligo di vaccino per alcune categorie in Ontario e in Canada. Il tema, spinoso e controverso, covava già da tempo sotto le ceneri, coperto nelle ultime settimane dagli schiamazzi della campagna elettorale e dall’accanimento mediatico sui partiti, sui leader e i loro programmi. Chiuso il capitolo voto, la questione è riscoppiata negli ultimi giorni in maniera dirompente, provocando uno strascico di polemiche, accuse e veleni dagli esiti incerti. Un primo segnale, nelle ultime ventiquattrore, è arrivato dal sindacato dell’RCMP. Ma bisogna fare un passo indietro.

Ad agosto, durante la campagna elettorale, il primo ministro uscente Justin Trudeau propose l’obbligo di vaccinazione per tutti i dipendenti federali e quindi anche per le forze di polizia. Ora, il provvedimento a livello legislativo deve ancora essere implementato, ma il leader liberale ha ribadito come il suo futuro governo andrà avanti per quella strada. La National Police Federation, sindacato della polizia, ha annunciato di sostenere il diritto dei poliziotti che non si vogliono vaccinare: “Assisteremo – si legge in una email interna – e rappresenteremo i membri individualmente che fanno questa scelta e le possibili conseguenze dal punto di vista lavorativo”.

Il braccio di ferro a livello federale si ripete anche in quello comunale. In questo caso lo scontro riguarda i trasporti pubblici a Toronto. La TTC infatti accusa i sindacati di categoria di poca trasparenza: secondo la Toronto Transit Commission la Amalgamated Transit Union Local 113 avrebbe chiesto ai propri iscritti di non rendere pubblico il proprio stato vaccinale e questo nonostante vi sia una specifica richiesta in tal senso da parte delle autorità cittadine. Fino a questo momento solo il 56 per cento dei dipendenti della TTC ha comunicato l’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19: un numero molto basso, se si pensa che, ad esempio, il 94 per cento dei lavoratori della Metrolinx ha reso pubblico il proprio stato vaccinale. Lo scorso 7 settembre la TTC ha annunciato l’obbligo di vaccinazione per i propri dipendenti che dovrà diventare effettivo dal prossimo 30 ottobre.

Ieri è arrivato il dietrofront: Carlos Santos, presidente della ATU Local 113, ha invitato ufficialmente gli iscritti a presentare il loro stato vaccinale entro il 30 settembre.

Ci sono quindi delle resistenze, che si estendono un po’ in tutti i settori della società e in tutti i comparti produttivi dell’Ontario. Sta per scadere l’obbligo di vaccinazione deciso da numerose strutture ospedaliere a Toronto e nel resto della provincia: una decisione autonoma, senza alcun tipo di indicazione da parte del governo provinciale, che potrebbe portare alla sospensione senza stipendio fino al licenziamento in tronco per il personale sanitario no vax.

Il problema, ancora una volta, è la mancanza di una direttiva specifica del premier Ford e dell’esecutivo dell’Ontario.

La verità è che il leader provinciale in questi mesi non ha mai nascosto la propria contrarietà verso misure più restrittive sul fronte della vaccinazione.

Doug Ford per tutta l’estate aveva mantenuto una linea di ferma contrarietà sull’ipotesi di creazione di un passaporto vaccinale, salvo poi dover fare marcia indietro il mese scorso in seguito al pressing dell’intera classe politica e delle associazioni di categoria del settore produttivo.

Anche sulla necessità di implementare l’obbligo di vaccinazione per alcune categorie lavorative il premier non aveva mostrato un grande entusiasmo: basta pensare, ad esempio, come in questo momento in Ontario non esista nemmeno l’obbligo di vaccinazione per chi lavoro nelle case di cura a lunga degenza, per il personale quindi a contatto con le fasce più deboli e fragili – e più suscettibili al Covid-19 – della nostra società.

In questo caso sono le stesse compagnie private proprietarie delle LTC che si sono dovute auto organizzare, cambiando la politica di assunzione del personale solamente vaccinato. Insomma, il tema è sempre lo stesso: troppe volte durante questa pandemia è mancata una mano ferma e decisa da parte della politica, che spesso ha preferito non decidere fino a quando si è arrivati all’emergenza. Quello che sta accadendo in Alberta, con il sistema sanitario al collasso a causa dell’immobilismo del governo guidato dal premier Jason Kenney, rappresenta un monito dal quale dovremmo trarre un insegnamento prezioso.

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