Spettacoli

L’Isola delle Rose: una storia vera o quasi 

TORONTO – “Noi del Maggio francese non sapevamo quasi nulla, se non che loro scendevano in piazza e incendiavano Parigi per un mondo migliore: noi, quel mondo migliore, l’avevamo direttamente costruito”.

Sono parole del protagonista di “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” (nella foto, la locandina), il nuovo film di Sidney Sibilia (già noto al grande pubblico per il successo della trilogia “Smetto quando voglio”), disponibile su Netflix da circa un mese.

Il film ruota intorno a uno stranissimo episodio realmente avvenuto, per quanto non molto noto: nel 1968 l’ingegner Giorgio Rosa (Elio Germano) costruisce una piccola isola artificiale al largo di Rimini, al di fuori delle acque territoriali italiane, e la proclama Stato indipendente col nome di “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose”; il governo italiano, appena avuto sentore dell’iniziativa, reagisce con rapidità e durezza, sgombra l’isola e la fa saltare in aria col tritolo (i titoli di coda del film sottolineano che si è trattata dell’unica guerra d’aggressione nella storia della Repubblica Italiana).

Dal punto di vista dei nudi fatti, Sidney Sibilia segue abbastanza fedelmente la vicenda storica (ovviamente con qualche piccolo aggiustamento e abbellimento): tecnicamente non ci sarebbe quindi niente da obiettare alla dicitura “tratto da una storia vera” posta, come da tradizione, dopo i loghi dei produttori. Però c’è un però. Perché per un altro aspetto, fondamentale, “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” è un film più fuorviante dei più romanzati kolossal “storici” hollywoodiani. E questo aspetto, paradossalmente, non riguarda i fatti in sé, ma la lettura che ne viene data.

Come abbiamo visto nella citazione in apertura, Sibilia inserisce la vicenda nella cornice ideologica del ’68: e quindi il suo film è la storia di un gruppo di giovani sognatori con grandi ideali di libertà e di anarchia, che si scontrano con il cinismo e la prepotenza dei vecchi politici chiusi nelle fumose “stanze del potere”. Ecco, questo romanticismo è quanto di più lontano si possa immaginare dalla visione dei veri protagonisti della storia.

Tanto per cominciare, Giorgio Rosa, che Sibilia presenta come un neolaureato anticonformista e con la testa tra le nuvole, in realtà all’epoca dei fatti aveva più di quarant’anni, aveva combattuto nella Seconda Guerra Mondiale dalla parte della Repubblica di Salò (!), e le sue motivazioni erano molto più pragmatiche di quanto il film lasci supporre. In un’intervista del 2008 (Rosa è morto nel 2017) dichiarò: “L’isola aveva intenti commerciali, volevamo sfruttarne le potenzialità turistiche. […] Volevo sfuggire alle imposizioni fiscali e alla burocrazia.” Già, perché l’Isola delle Rose, trovandosi fuori dalle acque territoriali, non era tenuta a pagare alcuna tassa allo Stato italiano: era questo il vero fulcro dell’operazione.

Quando la Marina intervenne, l’Isola delle Rose ospitava già bar, ristoranti, negozi di souvenir, ed era in progetto un grande albergo: per clienti paganti, altro che anarchici e hippy!

Quanto poi alla distruzione dell’Isola, nel film i protagonisti affrontano impavidi i cannoni della nave da guerra Andrea Doria tenendosi per mano, ma anche qui Giorgio Rosa (quello vero) fornisce una versione meno eroica: “La realtà è che non avevo sponde politiche e non fui abbastanza furbo da rivolgermi alla mafia o alla massoneria”.

Insomma, non è che i veri fondatori dell’Isola delle Rose non fossero a loro modo idealisti: ma il loro ideale era il libertarismo economico più che la libertà sessantottina. Forse i politici che decisero di affondarli erano comunque nel torto, ma sicuramente non erano più cinici di loro.

Certo, un film non è un documentario storico, e un artista ha tutta la libertà di reinterpretare i fatti secondo la sua personale visione: l’importante è che alla fine il film sia buono (e questo, oggettivamente, lo è). Però, siccome quella dell’Isola delle Rose è una vicenda così singolare e sconosciuta, c’è il rischio che gli spettatori prendano per buona la versione di Sibilia e non indaghino oltre. Speriamo che invece facciano caso al titolo: “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” incredibile lo è davvero, nel senso che faremmo meglio a non crederci.

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