TORONTO – Tenere aperto il canale diplomatico mentre prosegue l’avanzata russa. Ormai è abbastanza chiara la strategia voluta da Vladimir Putin in questa prima settimana di conflitto in Ucraina. La priorità per il Cremlino è raggiungere gli obiettivi prestabiliti sul campo il prima possibile, non chiudendo completamente la porta al negoziato con Kiev. Resta da capire se questo doppio canale – quello bellico e quello diplomatico – sia davvero tenuto in piedi per la reale volontà di arrivare a un accordo che preveda l’immediato cessate il fuoco, oppure – tesi sostenuta ormai dalla stragrande maggioranza degli analisti – che questa sia solo una mossa di facciata, una diversione strategica senza alcuna possibilità di successo, un semplice corollario al vero obiettivo di Putin, proseguire cioè nel suo progetto di l’invasione dell’Ucraina.
In questo contesto la Nato e i Paesi dell’Unione europea si trovano in una posizione di stallo. La comunità internazionale ha giocato l’unica vera carta che aveva in mano, quella delle sanzioni economiche e finanziarie, sulla cui efficacia resta un grande punto interrogativo.
In particolare la posizione ambigua della Cina, che sembra giocare questa partita su due tavoli, minaccia di scardinare la strategia americana e dei suoi alleati. Ma ripetiamo, in questo momento lo spazio di manovra della Nato è davvero limitato. Escluso a priori un eventuale intervento armato e un coinvolgimento delle sue truppe in territorio ucraino, il potere di persuasione verso Mosca rimane molto limitato.
La tenace resistenza dell’esercito e del popolo ucraino è stata in grado di rallentare l’avanzata dei russi, che secondo le previsioni della vigilia avrebbero dovuto conquistare la capitale in Kiev in un paio di giorni. Ma con il passare del tempo, la sproporzione delle forze in campo è destinata ad aumentare e l’esito del conflitto appare scontato. Ecco allora che in questa fase successiva ritornerebbe in gioco la diplomazia, anche perché la vera difficoltà per Putin non è tanto il conflitto in sé, ma il passaggio successivo, quello dell’occupazione di un Paese che non accetterà la presenza dei russi.
Stando a quanto è stato riportato da numerosi media europei, Putin sarebbe pronto a reinstallare a Kiev Viktor Yanukovich, ex presidente ucraino dal 2010 al 2014, deposto dopo la rivoluzione del 2014 e da sempre considerato filo putiniano.
Sulle sue spalle ci sono numerose condanne per corruzione e per il modo in cui portò avanti la repressione nelle piazze nel 2014 prima di fuggire a Mosca.
Nel frattempo con il passare dei giorni aumenta la pressione nelle principali città ucraine. Il convoglio militare russo lungo 60 chilometri si trova ormai alle porte di Kiev, numerose cittadine del Sud del Paese sono sotto controllo dell’occupante russo mentre aumenta il conto delle vittime civili.
Stando alle autorità sanitarie ucraine, il bilancio dei morti tra la popolazione è arrivato a quota 2mila, un dato che mette in luce come chi credeva in una guerra lampo senza troppi spargimenti di sangue, con un veloce rovesciamento del presidente Zelensky si sbagliava di grosso.
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