Oleodotto della discordia, è ancora braccio di ferro
TORONTO – È ancora scontro sull’oleodotto della discordia. Mentre il governo federale e quello dell’Alberta annunceranno domani la firma di un memorandum d’intesa sulla possibile esenzione delle leggi di impatto ambientale per la costruzione di una pipeline che colleghi le zone delle sabbie bituminose con le coste della British Columbia, il premier della B.C. David Eby punta i piedi è definisce come “inaccettabile” la sua esclusione dal tavolo della trattativa, visto che l’oleodotto promosso dalla premier dell’Alberta Danielle Smith (nella foto) dovrà per forza di cose essere costruito anche nella sua giurisdizione.
E lo stesso Eby, da quando è entrato in carica, si è messo di traverso, bocciando senza se e senza ma ogni potenziale progetto che comportasse la costruzione di un nuovo oleodotto.
Nonostante questo, il governo federale e quello provinciale dell’Alberta vanno per la loro strada, basandosi su un assunto abbastanza semplice: con la guerra commerciale il flusso di greggio Nord-Sud è seriamente in pericolo, quindi bisogna dotarsi degli strumenti per garantire il flusso Est-Ovest, puntando quindi con decisione ai ricchi mercati asiatici.
Tradotto: il niet di Eby non può fermare un progetto che Ottawa ritiene di importanza strategica nazionale. E per fare questo è atteso anche l’intervento del ministro dell’Energia e delle Risorse Nazioni Tim Hodgson, che dovrà fare chiarezza sul bando ancore in vigore per il transito delle petroliere lungo le coste della British Columbia. Si tratta di un provvedimento approvato dal precedente governo Trudeau nel 2019 che in sostanza impedisce il passaggio alle petroliere che trasportano più di 12.500 metri cubi di greggio per evitare potenziali disastri ambientali.
Una legge che non ha senso – dicono i critici- visto che non colpisce le petroliere americane che trasportano il petrolio dall’Alaska verso Sud.

