“O filoscio napoletano”
TORONTO – “Il Cuoco risponde”! Avete dubbi in cucina o curiosità culinarie? Inviate le vostre domande per e-mail ad Alex Ziccarelli (alex.cs1996@gmail.com): la risposta sarà pubblicata sul nostro giornale e sul web. Con questa iniziativa, Corriere Canadese e – da questa settimana – l’associazione “CHEF Italia” intendono coinvolgere sempre di più i lettori interessati al mondo della cucina italiana: un’occasione, dunque, anche per approfondire alcuni aspetti meno conosciuti delle tradizioni culinarie italiane insieme ai migliori cuochi italiani nel mondo, che in fatto di cucina del Belpaese hanno conoscenze ed esperienze da vendere.
La domanda di ci viene posta da Tommaso Palma di Giugliano in provincia di Napoli ma residente a Pickering, Ontario, il quale ci chiede notizie de “o filoscio napoletano”. Alla domanda del gentile lettore risponde lo Chef Alex Ziccarelli, Direttore di CHEF Italia World News, il quale ci dice che il filoscio napoletano, una via di mezzo tra la frittata e l’omelette, è conosciuto anche come ‘a marenne dei fravecatori’, la colazione che le mogli, con santa pazienza, preparavano ai mariti come pranzo da portare con se ‘ngopp’o cantier’ (sul cantiere). Il nome è la storpiatura dialettale del filoche francese, considerato che durante il regno borbonico i cuochi napoletani subirono l’influenza della cucina d’oltralpe ed è un piatto povero e contadino dalla forma allungata e imbottito di mozzarella o provola, di preferenza del giorno precedente, in quanto più povera di liquidi e più propensa alla filatura, e va cotto nell’olio che sfrigola ma solo su un lato, per poi essere ripiegato dopo averlo farcito, sempre solo da un lato. La tradizione vuole che, dopo averlo cotto, vada messo in mezzo al “cozzetiello” di pane (la parte finale del filone di pane “cafone” napoletano), quindi anche facile da essere trasportato.