Nodo Cusma e futuro incerto. Mozione tory sulla pipeline
TORONTO – Il governo federale è alle prese col nodo Cusma e le incertezze della guerra commerciale. E allo stesso tempo l’esecutivo guidato da Mark Carney (nella foto sopra) deve fare i conti con l’imboscata parlamentare apparecchiata dal leader conservatore Pierre Poilievre, che ha presentato una mozione sul memorandum d’intesa (MOU) raggiunto dallo stesso primo ministro con la premier dell’Alberta Danielle Smith. Il voto previsto alla Camera ha come obiettivo dichiarato quello di fare emergere eventuali spaccature nel Partito Liberale sulla delicata questione, tenendo conto che le conseguenze della svolta sulle politiche ambientali hanno già portato all’addio al governo dell’ex ministro Steven Guilbeault.
La diretta conseguenza della mossa dei conservatori è quella di scoperchiare l’ovvio: mostrare cioè la fragilità di una maggioranza di governo che c’è solo sulla carta, visto che i liberali non hanno i numeri alla House of Commons per portare avanti un’agenda completamente autonoma, ma devono fare i conti con la necessità di un sostegno di almeno un altro partito per poter sopravvivere.
La mozione afferma che i deputati sostengono la costruzione di almeno un oleodotto che consenta l’esportazione di un milione di barili al giorno di petrolio dell’Alberta da un porto d’acque profonde nella Columbia Britannica.
Afferma inoltre che ciò sarà raggiunto “attraverso un adeguato aggiustamento” dell’Oil Tanker Moratorium Act, rispettando però il dovere di consultare i popoli indigeni.
Le First Nations costiere della British Columbia affermano che non sosterranno alcuna modifica al divieto delle petroliere.
L’accordo del governo federale con l’Alberta è condizionato e include un modo che prevede che un adeguato aggiustamento al divieto delle petroliere potrebbe essere effettuato “se necessario”.
In ogni caso, al di là delle scocciature logistiche del voto sulla mozione conservatrice, il primo ministro ha ben altri problemi a cui pensare. L’incontro con Donald Trump la scorsa settimana a Washington, in occasione del sorteggio dei Mondiali di calcio del 2026, non ha avuto alcun esito positivo.
La paura che serpeggia nelle stanze del potere a Ottawa è quella di un mancato rinnovo da parte degli Stati Uniti del trattato di libero scambio Cusma. Con il nuovo anno si aprirà un periodo di negoziato con gli Usa e con il Messico volto a ricalibrare il trattato, con la deadline fissata al primo luglio 2026.
Ma l’inquilino della Casa Bianca la scorsa settimana ha già fatto capire quale sarà la sua strategia nei prossimi mesi: destabilizzare i partner per poter raggiungere il risultato migliore per gli Stati Uniti.
Trump infatti ha dichiarato che la sua amministrazione non ha ancora deciso se rinnovare l’accordo, puntare su una sostanziosa modifica o addirittura uscire completamente dal trattato. E in questo caso Washington non violerebbe le regole vigenti: per fare un passo indietro dal Cusma, basta un preavviso di sei mesi da consegnare alle altre due parti contraenti.
Di fronte a questo cliuma di grande incertezza, arrivano almeno alcune notizie positive.
La prima sul fronte occupazione, con i dari di novembre che hanno smentito le previsioni più catastrofiche che volevano una nuova impennata del tasso di disoccupazione: in realtà il mese scorso nel nostro Paese sono stati creati 54m,ila nuovi posti di lavoro, un dato che lascia ben sperare per un periodo dell’anno che invece di solito è caratterizzato da una flessione sul fronte lavorativo.
Buone notizie anche dal Fondo Monetario internazionale, che nel suo rapporto annuale ha promosso il Canada e la sua economia per la capacità dimostrata di poter reggere alla guerra commerciale con gli Usa e alle tariffe imposte dall’amministrazione Trump.

