Moda italiana, l’ultima ossessione di Hollywood
TORONTO – Quando Il diavolo veste Prada è uscito nel 2006, è diventato molto rapidamente un fenomeno culturale, rendendo glamour il mondo della moda simile a quello di Audrey Hepburn in Funny Face nel 1957. La traiettoria da New York a Parigi è stata utilizzata in entrambi i film. Ma ora, Il diavolo veste Prada 2 sta abbandonando la passerella di Parigi per una passeggiata nel quartiere Brera di Milano, portando la sua crew nella città natale di Prada, Milano.
La capitale italiana della moda, nota anche come una delle “quattro grandi” destinazioni della settimana della moda, è il nuovo palcoscenico per il ritorno di Miranda Priestly nell’attesissimo sequel di Prada. I produttori sono alla ricerca di 2000 comparse a Milano per le riprese, uomini e donne over 30 che [preferibilmente] lavorano già nel settore della moda, del design, della comunicazione e degli eventi.
Questa è la seconda grande produzione [focalizzata sulla moda e sul design] di quest’anno, la prima è stata Emily a Parigi, che ha spostato il suo budget (di circa 150 milioni di dollari) dalla Francia all’Italia, portando centinaia di posti di lavoro nella penisola insieme all’esposizione ai principali attori di Hollywood.
Ancora più importante, dal punto di vista italiano, contribuirà a rendere più popolari le sue case di moda e i suoi marchi.
Un punto importante, dato che le prime previsioni al botteghino oscillano tra i 600 milioni e i 1 miliardo di dollari in tutto il mondo per il sequel. L’originale del 2006 – Il diavolo veste Prada – è popolare sia tra il pubblico femminile che tra quelli Sex And The City è stato durante i suoi sei anni di trasmissione su HBO. Ma con il potere di amplificazione dei social media, il suo sequel potrebbe potenzialmente far oscillare alcune fashioniste impressionabili dalla “haute couture” francese all’artigianato e al design italiano.
Al momento, si stima che il mercato annuale dell’abbigliamento in Italia valga circa 40 miliardi di euro, secondo solo ai 150 miliardi di euro della Francia, sostenuti in modo massiccio dalle esportazioni.
Ma mentre aziende francesi come Louis Vuitton, Hermès e Chanel dominano il mercato del lusso, negli ultimi anni si è assistito a un rallentamento della domanda per i loro marchi costosi e stravaganti. Inoltre, i titoli italiani del lusso e la fiducia dei consumatori hanno visto un aumento, secondo i recenti rapporti finanziari.
Ricordando, naturalmente, che il “Diavolo” del film indossa Prada e non Louboutin, l’impatto di marketing di questo franchise cinematografico incentrato sulle donne potrebbe potenzialmente riportare i dollari dei consumatori verso una cultura “Made In Italy”. Il “prêt-à-porter” milanese è germogliato negli anni ’70, attraverso abiti pratici e sofisticati creati da stilisti influenti come Armani e Versace. Oggi è Prada di Miuccia, guidato da una donna.
Un punto chiave, dal momento che Il diavolo veste Prada è spesso definita una “bibbia della carriera” per le donne, a causa della sua rappresentazione di figure femminili potenti e ambiziose. Ma era rivolto alle donne in un’epoca che precedeva la proliferazione degli smartphone e la portata dei social media.
I marchi di moda milanesi e italiani potrebbero essere sull’orlo di un’impennata delle vendite: arriva il ritorno di Meryl Streep nel centro della moda italiana.
Nella foto in alto, Meryl Streep e Stanley Tucci
Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix