TORONTO – Ahh, l’arte dell’insulto finale scagliato contro il tuo avversario nella ricerca di sostegno tra la “plebaglia”. Affinare questa “abilità” significa ottenere la ricompensa di vincere le elezioni. Qualsiasi altra cosa apparirebbe come una farsa collaterale che passa per programmi politici volti a migliorare la condizione umana – da non confondere con i “diritti umani”. Dopo lo sfoggio repubblicano del “noi siamo i migliori” alla Convention, il partito democratico sta mettendo in scena la sua versione del “no, lo siamo noi”.
Ho dovuto ricordare a me stesso che si trattava di uno spettacolo e che, una volta finito, le persone sarebbero cadute in uno stato quasi comatoso di indifferenza, a testimonianza del tasso di partecipazione in costante calo manifestato nell’affluenza alle urne. Mi sono disinteressato dopo aver ascoltato il senatore Bernie Sanders e il governatore J.B. Pritzker dell’Illinois che spiegavano perché gli Stati Uniti (anzi, il mondo) hanno bisogno dei valori del Partito Democratico.
Sanders, nella sua forma evangelica migliore, predicava una piattaforma di “necessità e dovere” che enumerava l’intero spettro di un marxista-leninista, pacifista anticapitalista, “far pagare ai ricchi la loro giusta quota” – un’agenda collettivista, sicuramente progettata per far sì che tutti si chiedessero se in effetti era ancora negli Stati Uniti. La folla è rimasta in silenzio dopo il secondo “abbiamo bisogno”.
In quella che deve essere classificata come una grande ironia nella programmazione, il buon senatore è stato seguito da un pomposo, impenitente, miliardario (con un patrimonio di oltre 3 miliardi di dollari USA), il governatore Pritzker, la cui unica missione sembra essere stata quella di declassare il patrimonio netto di Trump e lodare i valori woke : “siamo svegli, non strani”, aggiungendo per buona misura, e “non stupidi”. Anche la folla sembra aver spento i suoi microfoni.
Gli ex presidenti e i tipi di Holywood che hanno prestato il loro sostegno all’ormai candidato presidenziale democratico, l’ex vicepresidente Kamala Harris, erano, a parte il loro sostegno “morale”, difficilmente dei fari della giusta logica di una candidatura di Harris. I loro precedenti erano pieni di passi falsi politici e di guerre disastrose che inducevano politiche economiche ed estere dirompenti e il conseguente disordine sociale – in patria e all’estero.
Se la democrazia riguarda la responsabilità, l’affidabilità e il lavoro verso un obiettivo collettivo, ci deve essere tempo per esaminare il valore degli input: chi ha fatto cosa durante il tempo trascorso al timone – valeva la nostra fiducia? Gli insulti e lo scaricabarile sono un misero sostituto di tale valutazione. E poi, chi era al governo in questi ultimi quattro anni?
Gli Stati Uniti sono leader sulla scena mondiale, che piacciano o no: sono la più grande economia per PIL; l’esercito più potente (pari ai successivi 10 paesi messi insieme); il loro accesso alle risorse necessarie alla sostenibilità economica è insuperato; la loro capacità di educare e prendersi cura dei propri cittadini è ancora uno standard a cui aspirano molti Paesi. Però emarginano e criminalizzano gente ancora a ritmi inaccettabili, particolarmente quelli neri (13,5% della popolazione).
Tuttavia, hanno eletto un presidente nero e una vicepresidente donna nera. Potrebbe essere il momento di fare il punto su ciò che rende un buon leader senza scatenarsi in diatribe intrecciate con ideologie di genere e politiche di pigmentazione. I canadesi prestino attenzione.
Nelle due foto in alto, da sinistra: il senatore Bernie Sanders (da Twitter X – @BernieSanders) ed il governatore dell’Illinois, J.B. Pritzker (da Twitter X – @JBPritzker)