Cultura

Lezioni di tennis, stile italiano

TORONTO – Il recente successo del programma di tennis italiano sembra una forza maggiore, arrivato apparentemente dal nulla. Mentre la nazionale maschile di calcio è potenzialmente sul punto di non riuscirsi a qualificare per la terza Coppa del Mondo consecutiva, la sua squadra di tennis ha appena vinto la terza Coppa Davis consecutiva. In termini più bruschi, la squadra italiana di tennis ha scambiato il suo status di “nessuno” con gli Azzurri, diventando la vera potenza sportiva nazionale. Anche i film stanno iniziando a riflettere un cambiamento nell’interesse pubblico.

Realizzato con un budget relativamente ampio [secondo gli standard italiani] di 11 milioni di euro, il film recentemente uscito di Andrea Di Stefano Il Maestro segue Felice, un tredicenne aspirante al tennis allenato da un ex campione decaduto (interpretato da Pierfrancesco Favino). “Il film è un tributo ai mentori che si manifestano in modi inaspettati, imperfetti, feriti, ma pieni di cuore”, dice Di Stefano.

Sotto pressione e sotto la protezione dei grandi piani del padre, Felice viene affiancato da un ex professionista – Raul Gatti – il cui approccio è molto meno scatenato rispetto a quello del padre. E il rapporto tra i due fiorisce, in parte, da un’esplorazione di cosa significhi essere maschili – attraverso la lente dell’Italia degli anni ’80. Gatti, interpretato da Favino, affascina con battute che sembrano strappate dal zio pazzo Playbook.

“Dov’è l’uomo dietro il giocatore?”, chiede Gatti a Felice mentre guida verso l’allenamento. “Una sera faremo una passeggiata in città indossando la nostra attrezzatura da tennis, offrendo lezioni gratuite alle ragazze? Che ne dici, solo per divertimento?”. Quando il giovane Felice rifiuta, Gatti risponde con ironia con “Bene, ti stavo mettendo alla prova, restiamo sulla giusta strada”.

Sebbene Di Stefano insista di aver concepito il film 15 anni fa, l’emergere dell’Italia come forza dominante nel tennis ha aperto una finestra molto redditizia e vantaggiosa per la sua uscita. E in un settore come quello italiano, dove ottenere finanziamenti cinematografici non è altro che una corsa a topi, il progetto tennistico di Di Stefano forse non sarebbe mai stato approvato se non fosse stato per la recente crescita di popolarità dello sport (in Italia).

E pur essendo una storia di formazione e un dramma sulla guarigione di vecchie ferite, la rappresentazione del mondo del tennis da parte di Di Stefano è ancorata alla realtà – persino alla sua. “Mi sono ispirato a una persona reale, al mio allenatore di tennis, e molte delle scene che ho inserito nel film sono situazioni che ho vissuto direttamente”.

Il Maestro mette in evidenza lo scontro tra gioventù ed esperienza, la rigidità di un giovane in missione contrastata con la vita anticonvenzionale di un ex campione. Ma il tennis non è solo uno sfondo o un espediente per approfondire questi temi.

Lo sport merita il suo diritto con scene intensamente girate che praticamente catapultano il pubblico in campo. Ispira una passione per il gioco che un tempo gli italiani provavano per il calcio della Coppa del Mondo.

Immagini per gentile beneficio di Vision Distribution, Indigo Film e Indiana Production           

Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix

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