TORONTO – I programmi di insegnamento della lingua straniera nelle scuole cattoliche sono di nuovo sotto assedio. Non che sia una grande sorpresa, visto che il tentativo di eliminare l’International Languages (“IL”) ritorna ciclicamente nei vari provveditorati dell’Ontario: è come la stagione delle tasse, o l’allergia in primavera.
Sorprende, semmai, che questa volta gli oppositori del programma “IL” decidano di mostrare i muscoli nel bel mezzo della peggiore pandemia degli ultimi cent’anni, con la terza ondata che solamente in questi giorni sembra rallentare e con le scuole della provincia chiuse per la mancanza di piani, protocolli e linee guida capaci di garantire la sicurezza degli studenti, dei professori e del personale non docente.
E sorprende, allo stesso tempo, che per ripescare per l’ennesima volta una questione sulla quale sarebbe invece il caso di metterci sopra una pietra tombale, si sia deciso di schierare l’artiglieria pesante, con il coinvolgimento della CBC.
Il canale nazionale ha realizzato un servizio sui consigli dei genitori di quattro scuole di Toronto – St. Francis Xavier, St. Fidelis, St. Bernard e St. Matthew – che hanno ufficialmente chiesto al provveditorato cattolico di eliminare l’obbligatorietà dei corsi d’insegnamento delle lingue straniere, corsi che definiscono “arbitrari, costosi e che tolgono risorse a materie più importanti del programma scolastico”.
A sostenere le loro ragioni è sceso in campo il fiduciario di riferimento, Daniel Di Giorgio, che nel meeting di domani presenterà una mozione – rivela la CBC – con la quale si chiederà di abbassare il quorum necessario nelle singole scuole per riaprire il dibattito sul destino dell’International Languages: attualmente, il 90 per cento dei genitori di una determinata scuola devono esprimersi favorevolmente alla riapertura del dibattito, Di Giorgio propone di abbassare la soglia al 67 per cento.
Attualmente sono 44 le scuole del Toronto Catholic District School Board che offrono l’insegnamento di una lingua straniera attraverso l’IL. Dopo che il governo provinciale se n’è lavato le mani, è il provveditorato stesso a fornire la copertura finanziaria del programma, con un costo che varia dai 7 ai 9 milioni di dollari. Ora, bisogna cercare di capire di cosa stiamo parlando. La stragrande maggioranza degli studenti che partecipano a questo programma imparano le basi della lingua italiana, con alcuni corsi di portoghese, filippino o ucraino.
Qual è il valore didattico di questi programmi? I genitori che chiedono l’abolizione del programma ritengono in sostanza che si tratti di una dispendiosa perdita di tempo e che invece dovrebbero essere valorizzati altri aspetti didattici del programma scolastico. “A cosa serve?”, si chiedono, appoggiati dal trustee italocanadese Di Giorgio.
Ma facendo questo discorso si entra su un terreno scivoloso. Perché allora uno potrebbe iniziare a chiedersi a cosa serva imparare le prime nozioni di musica, o studiare l’arte, o fare ginnastica. A nulla, giusto? Allora eliminiamole per favorire altre materie. Ma aspetta un attimo. A cosa serve sapere qual è la capitale del Burundi, o il nome della catena montuosa che attraversa il Kazakistan?. A nulla, allora eliminiamo la geografia. E perché dovremmo studiare le vicende di popoli vissuti centinaia e migliaia di anni fa? Via anche la storia, “inutile, arbitraria e dispendiosa”. Che poi se ci pensiamo bene, in fondo, cosa servirà ai nostri ragazzi conoscere la differenza tra un triangolo isoscele o scaleno, o le tabelline, o le equazioni di secondo grado? Eliminiamo anche la geometria e la matematica.
E vogliamo parlare della letteratura? Perché studiare poesie, opere letterarie e scritti del passato? Roba ammuffita, scartoffie sorpassate, che non servono a niente. E perché dovremmo in modo “arbitrario” scegliere se inserire nel programma un autore ed escluderne un altro? Che poi, se vogliamo dirla tutta, ai nostri figli nella loro vita servirà davvero conoscere la composizione chimica dei minerali, o la teoria della relatività di Einstein, o il funzionamento della cellula? Assolutamente no, dovremmo quindi togliere dai programmi i “dispendiosi” insegnamenti di chimica, fisica e biologia. Potremmo andare avanti all’infinito.
La mozione di Di Giorgio – speriamo – dovrebbe essere bocciata e per una volta dobbiamo riconoscere che anche la trustee Maria Rizzo si è giustamente e pubblicamente opposta con forza al tentativo – l’ennesimo, e non sarà l’ultimo – di eliminare il programma.
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