Immigrazione

Quell’arte malinconica
dell’emigrazione

Proseguiamo la pubblicazione degli articoli dedicati all’immigrazione italiana in Canada, che prendono spunto dalla storia degli oggetti che gli emigrati hanno portato con sé nel viaggio dal Belpaese alla nuova terra. L’iniziativa rientra nel progetto “Narrarsi altrove, viaggio tra i cimeli e i luoghi dell’anima” della poetessa Anna Ciardullo Villapiana e della docente Stella Paola, con la collaborazione di Gabriel Niccoli, professore emerito dell’Università di Waterloo e membro del consiglio di amministrazione dell’Italian-Canadian Archives Project (ICAP), network nazionale sotto i cui auspici opera il suddetto studio poetico.

ROMA – La carriola in legno, che regge quattro zolle di terra rossa salentina (nella foto sopra), appartiene a Roberto Panico, nato a Racale, in provincia di Lecce, nel 1949, e trasferitosi a Cambridge nel 1966. Qui visse per soli due anni prima di rientrare in Italia, a Roma, dove abita da allora.

Roberto (nella foto sotto) parte nel 1966 con i suoi genitori per raggiungere i fratelli. In Galt si trova a fare il barbiere e altri lavoretti, impara qualche parola d’inglese, e cerca di adattarsi alla vita oltreoceano. Ma quando sua madre decide di rientrare in Italia lui la segue: “volevo vedere le rughe comparire sulla fronte di mia madre, mi faceva star male l’idea di pensarla sola dall’altra parte del mare”, dice teneramente Roberto ricordando il motivo del suo rientro in patria.

Carica di un bagaglio di zolle la sua carriola fece quindi ritorno a Roma e adesso si trova a Torre Suda, in Salento, nella sua residenza estiva.
“L’oggetto in Canada era motivo di nostalgia, a Roma invece era solo un pensiero”, dice Roberto, pensiero che si espande come quello creativo dell’artista fino a trasformarsi, a diventare altro. E come quella zolla che per poco si è mescolata ad altre culture, ad altre terre, così le sue opere artistiche mescolano al presente i valori e i ricordi del passato, di vite passate a coltivare i campi. Roberto ha trovato proprio nel valore evocativo e concettuale degli oggetti l’espressione della sua opera artistica.

Roberto Panico, infatti, è un artista affermato, la sua opera pittorica e scultorea evoca concettualmente il recupero del fascino antico del tempo passato. Un tempo fatto di sudore sulla fronte e calli sulle mani dei contadini che, devoti alla quiete, portano il loro carico sulle spalle, proprio come l’emigrante.

Arano terre poco bucoliche con le loro zappe. Con i loro rastrelli rompono la terra coprendo i semi. Muovono il fieno con i loro tridenti e conservano nelle loro tasche le chiavi di un tempo che sta, ormai, scemando nella nostra memoria.

Così Roberto vaga “nei campi mezzi grigi e mezzi neri” delle campagne salentine dove resta un pascoliano “aratro, senza buoi, che pare dimenticato, tra il vapor leggero.”, e lo recupera, ne sente l’anima, come sente il palpito degli altri attrezzi che il tempo e l’usura hanno coperto di ruggine, che adesso giacciono abbandonati nei vecchi casolari. Roberto li raccoglie e li avvolge in tele bianche o nere e aspetta che avvenga lo squarcio, aspetta che emergano dal cuore stesso del tempo e, vincendo l’oblio, restituisce loro una nuova vita attraverso l’arte.

“Verso l’ignoto” di Roberto Panico

Alle sue opere dà il nome dell’oggetto intrappolato nella tela, non sempre è chiaro di che cosa si tratti, a svelarlo è proprio il nome dell’opera, oggetto che diventa altro da sé, avvolto dalla tela e dalla vernice, eppure è in grado di risvegliare la coscienza, la memoria antica del nostro trascorso, delle nostre radici.

Quando l’emigrante compie il viaggio di ritorno alle proprie radici, trova i luoghi cambiati, ma il paese in festa per il suo rientro, e porta il bagaglio di chi ha conosciuto due terre, di chi ha parlato due lingue. È tornato cambiato Roberto, proprio come gli oggetti intrappolati nelle sue opere d’arte. Entrambi si sono trasformati, entrambi sono riusciti ad emergere dalla tela della memoria, entrambi sono stati in grado di vincere l’oblio e tornare alle proprie radici conservandone la forza, la linfa creatrice.

Le zolle di terra hanno fatto ritorno in patria, ma portano nel loro grembo di madre il ricordo del  viaggio, assieme alla bellezza e alla struggente malinconia di chi ha vissuto altrove.

Anna Ciardullo Villapiana

Ecco la poesia di Anna Ciardullo Villapiana ispirata dalla storia di Roberto.

Eroe silente il contadino,
come l’emigrante,
resta curvo su una terra che non ha il suo odore.
L’artista raccoglie il sudore
e col pennello lo spalma sulla tela
come farebbe con i ricordi
avvolge nella memoria le rughe
che il tempo ha disegnato sul viso di sua madre
e aspetta che quella zolla di terra
riporti il suono delle campane
e delle conchiglie che rotolano nel blu del suo mare.
La terra rossa tornò intatta
con le altre zolle sue sorelle
ma cambiò di poco il suo colore
si tinse delle sfumature e degli odori
di altre terre che non si mescolarono
alle sabbie del Salento
se non in superficie.

Anna, Stella e Gabriel: tre prof alla ricerca delle radici italiane

TORONTO – Le professoresse Anna Ciardullo Villapiana e Stella Gualtieri Paola stanno lavorando con entusiasmo e passione al progetto fra storia, cultura e poesia che si propone di raccontare, in modo nuovo, le tante vicende che hanno avuto come protagonisti, spesso silenziosi e sconosciuti, i tantissimi connazionali arrivati in Canada dal Belpaese.

Vicende che le due insegnanti conoscono bene, essendo entrambe di origine italiana e residenti in Canada.

Stella, la cui famiglia proviene da Figline Vegliaturo, in provincia di Cosenza, Calabria, è nata in Sault Ste. Marie, Ontario, e vive con suo marito a Waterloo. Insegna alla Resurrection Catholic Secondary School e per lei l’insegnamento è molto più che lavoro. È una vocazione profonda. Si impegna tantissimo ad aiutare gli studenti a scoprire se stessi attraverso qualsiasi curriculum – religione o lingue. Nella scoperta della sua Italianità, Stella si è dedicata allo studio della diaspora proprio come la sua collega e poetessa Anna Ciardullo Villapiana.

Anna, nata a Cosenza dove ha vissuto per circa trent’anni, nel 2003 si è trasferita in Canada dove, sposata, con due figli, ha iniziato la carriera di insegnante di Italiano e di interprete e dove ha potuto coltivare una passione che la accompagna fin dall’adolescenza: quella per la poesia. Qui, infatti, Villapiana ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie “Percorsi Interiori” nel 2007, seguita nel 2015 da “Frammenti di Luce” e nel 2018 da “Al di là del mare, Dialoghi DiVersi”. Stimata socia dell’AICW (Association of Italian Canadian Writers) ha partecipato a molte iniziative e svariate conferenze per la conservazione della lingua e tradizione italiane nella realtà canadese notoriamente multiculturale. È inoltre co-chair della Waterloo Chapter Committee dell’Italian Canadian Archives Project (ICAP), una rete di beneficenza fondata per connettere e coinvolgere comunità, gruppi locali, individui, esperti e istituzioni pertinenti-come archive e musei- in tutto il Canada al fine di preservare e rendere accessibile il patrimonio italocanadese.

E proprio questo suo percorso nell’Italianità l’ha portata a elaborare, insieme a Stella, con la collaborazione del professor Gabriel Niccoli dell’Università di Waterloo e membro del consiglio di amministrazione dell’ICAP, il progetto in questione che, come si era detto in precedenza, trova adesso spazio nelle pagine del Corriere Canadese: ogni settimana, dunque, il nostro giornale racconta storie di immigrazione dall’Italia, partendo da un oggetto caro a chi è partito, per scelta o necessità, spesso lasciando “pezzi” di cuore nel Belpaese ma a volte portandosene qualcuno con sé.

Da queste storie, Villapiana si è lasciata ispirare per comporre poesie, sia in Italiano che in Inglese, intense ed emozionanti, che pubblicheremo insieme ai racconti degli emigrati.

Qui sotto, il trailer del progetto, realizzato con poesie di Anna Ciardullo Villapiana, letture di Gianluca Lalli e Stella Paola e musiche di Francesco DeGregori, Gianluca Lalli e Juneyt.

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