Immigrazione

La morte, un suono uguale
in tutte le lingue

Proseguiamo la pubblicazione degli articoli dedicati all’immigrazione italiana in Canada, che prendono spunto dalla storia degli oggetti che gli emigrati hanno portato con sé nel viaggio dal Belpaese alla nuova terra. L’iniziativa rientra nel progetto “Narrarsi altrove, viaggio tra i cimeli e i luoghi dell’anima” della poetessa Anna Ciardullo Villapiana e della docente Stella Paola, con la collaborazione di Gabriel Niccoli, professore emerito dell’Università di Waterloo e membro del consiglio di amministrazione dell’Italian-Canadian Archives Project (ICAP), network nazionale sotto i cui auspici opera il suddetto studio poetico.

WATERLOO – Un oggetto triste quello di cui ci ha parlato Cristina Gualtieri Patru, il frasario inglese-italiano (nella foto sopra) che porta su di sé graffi di guerra, rughe di addio.

Era stato consegnato a Luigi Carbone durante la Seconda Guerra Mondiale, quando lo chiamarono a combattere in Etiopia, al servizio del nazionalismo, dell’imperialismo. Alcuni soldati riuscirono a ritornare dopo una lunga prigionia, altri, come Luigi, persero la vita sul
campo di battaglia, o per malaria, altri ancora furono dispersi.

Sembrano lontani i tempi della propaganda fascista, quando nei documentari e nelle scuole si sciorinava l’orgoglio militare celebrando l’aeronautica e il ruolo importante dei loro soldati nella guerra africana, quando si vedevano cadere giù dagli aerei i viveri e le pecorelle coi paracaduti per il sostentamento di coloro che combattevano in terra, in trincea.

Mentre sgangiavano le bombe la polvere si sollevava, la terra tremava, i carri armati continuavano a lasciare impronte pesanti sul suolo, e l’aria respirava il fumo.

Quando penso alla guerra, anche oggi, mi vengono in mente le scene della scalinata di Odessa della famosa opera cinematografica di Ejzenstejn, “La corazzata Potëmkin”, nella quale gli stivali dei cosacchi calpestavano i morti, si uccidevano madri, e gli occhiali della donna anziana giacevano al suolo, frantumati da una sciabola, mentre la carrozzina rotolava giù dai gradini. La guerra è di tutti. “La guerra è pace”, scriveva Orwell nel denunciare le distopie. “Libertà è pace”, cantavano i soldati, morendo sotto il cielo africano.

Le scene di guerra sono simili ovunque. La morte, purtroppo, continua ad avere lo stesso suono in tutte le lingue.

Finita la guerra arrivarono i giorni in bianco e nero tra trionfi, dolore e cortei.

Le vittime tornarono, infine, nel loro paese d’origine per occupare un posto nelle liste dei monumenti dedicati ai caduti. Le vedove, come Maria, contarono croci, e poi videro i loro paesi svuotarsi quando, stremate, posero i loro figli su una nave per garantirgli un futuro migliore.

Oggi Luigi occupa un posto nella villetta di Figline Vigliaturo, in provincia di Cosenza, sul monumento eretto in memoria di chi, come lui, è caduto in guerra.

Ma il lutto che le vedove portarono addosso non fu tolto con ricompense e medaglie al valore. “Il popolo ha creato col suo sangue l’impero”, diceva il duce, mentre i canti di “libertà” strisciavano tra ritmi di artigli e suoni di anfibi.

Luigi ha vissuto tutto questo sulla pelle, quando gli è stato consegnato il frasario per comunicare con i soldati di lingua inglese, e in Africa, sulla terra calda di sole e di sangue, ha esalato il suo ultimo respiro.

Cristina (nella foto sotto) sogna così la morte del nonno, con le sue mani strette intorno al frasario, masticando parole in una lingua che non ebbe il tempo di pronunciare, morto da solo, lontano da casa, e su suolo straniero.

Maria andò a vivere con suo figlio Sinibaldo e la moglie Ermelinda. Da qui iniziarono le partenze. Per primo partì sua sorella Elvira all’età di diciotto anni, si trasferì a North Bay e poi a Calgary. Poi emigrò un’altra sorella, Melarosa, destinazione Toronto, e le due sorellastre, Adelina e Ida. In seguito partì la seconda generazione, fu la volta di sua figlia Rita. Fu proprio lei a portare con sé sulla nave il suo abito da sposa e il frasario del padre approdando a Sault Ste Marie.

Il frasario veniva custodito gelosamente dalla famiglia Carbone e alla morte di Rita venne affidato a Cristina, che lo tiene nella sua casa di Waterloo come simbolo di una catena che lega la storia della sua famiglia al sacrificio del nonno.

Maria rimase in Calabria a vegliare il marito, un nome sul marmo, alle spalle di una villetta che si affaccia ad est.

Anna Ciardullo Villapiana

Ecco la poesia di Anna Ciardullo Villapiana ispirata dalla storia di Luigi Carbone raccontata dalla nipote Cristina Gualtieri Patru.

Cosa mi uccise sul campo di battaglia?
La febbre o il dolore?
Cosa lasciai sotto il cielo africano
offuscato da nuvole e inondato di suoni?
La terra arida calpestata da piedi anfibi
accolse il mio sangue.
Voci strozzate si affollavano nella gola
mentre la morte aveva lo stesso suono in tutte le lingue
parole rimaste tra le pagine di un frasario
che non ebbi il tempo di sfogliare.
Il cielo africano ingoiò i miei giorni.
La guerra fu pace alla fine…

Anna, Stella e Gabriel: tre prof alla ricerca delle radici italiane

TORONTO – Le professoresse Anna Ciardullo Villapiana e Stella Gualtieri Paola stanno lavorando con entusiasmo e passione al progetto fra storia, cultura e poesia che si propone di raccontare, in modo nuovo, le tante vicende che hanno avuto come protagonisti, spesso silenziosi e sconosciuti, i tantissimi connazionali arrivati in Canada dal Belpaese.

Vicende che le due insegnanti conoscono bene, essendo entrambe di origine italiana e residenti in Canada.

Stella, la cui famiglia proviene da Figline Vegliaturo, in provincia di Cosenza, Calabria, è nata in Sault Ste. Marie, Ontario, e vive con suo marito a Waterloo. Insegna alla Resurrection Catholic Secondary School e per lei l’insegnamento è molto più che lavoro. È una vocazione profonda. Si impegna tantissimo ad aiutare gli studenti a scoprire se stessi attraverso qualsiasi curriculum – religione o lingue. Nella scoperta della sua Italianità, Stella si è dedicata allo studio della diaspora proprio come la sua collega e poetessa Anna Ciardullo Villapiana.

Anna, nata a Cosenza dove ha vissuto per circa trent’anni, nel 2003 si è trasferita in Canada dove, sposata, con due figli, ha iniziato la carriera di insegnante di Italiano e di interprete e dove ha potuto coltivare una passione che la accompagna fin dall’adolescenza: quella per la poesia. Qui, infatti, Villapiana ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie “Percorsi Interiori” nel 2007, seguita nel 2015 da “Frammenti di Luce” e nel 2018 da “Al di là del mare, Dialoghi DiVersi”. Stimata socia dell’AICW (Association of Italian Canadian Writers) ha partecipato a molte iniziative e svariate conferenze per la conservazione della lingua e tradizione italiane nella realtà canadese notoriamente multiculturale. È inoltre co-chair della Waterloo Chapter Committee dell’Italian Canadian Archives Project (ICAP), una rete di beneficenza fondata per connettere e coinvolgere comunità, gruppi locali, individui, esperti e istituzioni pertinenti-come archive e musei- in tutto il Canada al fine di preservare e rendere accessibile il patrimonio italocanadese.

E proprio questo suo percorso nell’Italianità l’ha portata a elaborare, insieme a Stella, con la collaborazione del professor Gabriel Niccoli dell’Università di Waterloo e membro del consiglio di amministrazione dell’ICAP, il progetto in questione che, come si era detto in precedenza, trova adesso spazio nelle pagine del Corriere Canadese: ogni settimana, dunque, il nostro giornale racconta storie di immigrazione dall’Italia, partendo da un oggetto caro a chi è partito, per scelta o necessità, spesso lasciando “pezzi” di cuore nel Belpaese ma a volte portandosene qualcuno con sé.

Da queste storie, Villapiana si è lasciata ispirare per comporre poesie, sia in Italiano che in Inglese, intense ed emozionanti, che pubblicheremo insieme ai racconti degli emigrati.

Qui sotto, il trailer del progetto, realizzato con poesie di Anna Ciardullo Villapiana, letture di Gianluca Lalli e Stella Paola e musiche di Francesco DeGregori, Gianluca Lalli e Juneyt.

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