TORONTO – Alcune conferme, parecchie new entry, incarichi speciali, grandi esclusi e focus su Stati Uniti e commercio estero. Il nuovo governo guidato da Mark Carney ha prestato giuramento ieri a Ottawa. Il primo ministro ha deciso di intervenire anche strutturalmente nella formazione del nuovo governo: ne faranno parte a pieno titolo 28 ministri, che saranno affiancati da 10 segretari di Stato con il compito di assistenza nei rispettivi dicasteri. Carney ha confermato 12 ministri che facevano già parte del suo primo governo, mentre sono 16 le facce nuove.
Il leader liberale ha deciso di proseguire nella tradizione avviata da Justin Trudeau della parità di genere negli incarichi governativi, con 14 uomini e altrettante donne, mentre tra i dieci segretari di Stato – che formalmente non fanno parte del gabinetto governativo e non parteciperanno al Consiglio dei Ministri – troviamo 6 uomini e 4 donne. Rinnovato anche il principio della rappresentanza territoriale, con almeno un ministro per tutte e 10 le Province, mentre i tre Territori hanno ricevuto solo un incarico.
Alle Finanze Carney ha deciso di riconfermare il suo braccio destro François-Philippe Champagne, mentre cresce il peso politico di Dominic LeBlanc: a lui sono stati affidati gli incarichi di presidente del Privy Council, il Commercio Canada-Usa e gli Affari Intergovernativi. Promossa anche Anita Anand, che passa agli Affari Esteri, ereditando il portafoglio di Melanie Joly che viene dirottata all’Industria.
Sean Fraser diventa il nuovo ministro della Giustizia, mentre Chrystia Freeland – da molti data fuori dal governo alla vigilia – entra nell’esecutivo con il doppio incarico di ministro dei Trasporti e Commercio interno: si dovrà occupare del delicato faldone dell’abbattimento delle barriere commerciali interprovinciali.
Patty Hajdu assume l’incarico di ministro del Lavoro e della Famiglia, David McGuinty viene promosso alla Difesa al posto di Bill Blair, che rimane fuori dal governo.
Steven Guilbeault mantiene il portafoglio della Cultura, Gary Anandasangaree va alla Sicurezza Pubblica mentre Rechie Valdez si dovrà occupare di Politiche per le Donne e Parità di genere.
Al neodeputato Evan Solomon viene affidato il nuovo ministero dell’Intelligenza Artificiale, Steven MacKinnon invece è il nuovo capogruppo alla Camera al posto di Karina gould, che non entra nel governo.
Joanne Thompons viene confermata alla Pesca, mentre due aborigene sono state dirottate su due dicasteri che si occuperanno dei Nativi: Mandy Gull-Masty è il nuovo ministro dei Servizi per gli Indigeni, Rebecca Alty ha invece in mano il portafoglio delle Relazioni Indigeni-Corona.
Una delle sorprese è stata la nomina di Shafqat Ali al ministero del Tesoro, mentre entra per la prima volta al governo Julia Dabrusin, che diventa nuovo ministro dell’Ambiente. Tim Hodgson va all’Energia, Joël Lightbound ai Lavori pubblici, mentre, Maninder Sidhu diventa ministro del Commercio estero.
Volto nuovo anche all’Immigrazione con Lena Metlege Diab, Heath MacDonald va all’Agricolutura, Marjorie Michel alla Sanità. Eleanor Olszewski, unica deputata liberale eletta in Alberta, assume l’incarico di ministro responsabile per lo Sviluppo economico delle Praterie, infine l’ex sindaco di Vancouver Gregor Robertson assume l’incarico di ministro per le Politiche abitative.
Nota a margine, nella lista dei ventotto ministri non ci sono esponenti della comunità italocanadese.
Nei dieci segretari di Stato, invece, troviamo la matricola John Zerucelli al Lavoro, unico italocanadese che fa parte della compagine governativa “allargata”. Con lui troviamo Buckley Belanger allo Sviluppo rurale, Stephen Fuhr agli Appalti per la Digfesa, Anna Gainey, per le Politiche giovani, Wayne Long all’Agenzia delle entrate, Stephanie McLean alle Politiche pr gli Anziani, Nathalie Provost all’Ambiente, Ruby Sahota alle Politiche contro la criminalità, Randeep Sarai allo Sviluppo internazionale e Adam van Koeverden allo Sport.
Nella distribuzione degli incarichi e nella creazione di nuovi dicasteri, Carney ha voluto dare un peso specifico al commercio estero e, in particolare, alle relazioni del nostro Paese con gli Stati Uniti.
E in questo possiamo già intravedere le priorità dell’agenda di governo: disinnescare cioè la guerra commerciale voluta dal presidente americano Donald Trump.