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Il futuro delle Afghane su quel bus targato Italia

KABUL – Si chiama “Brave Business in a Bus (BBB)”, è il primo incubatore mobile di imprenditoria femminile dell’Afghanistan e porta la firma dell’Italia: per la precisione, quella di Selene Biffi, nata a Monza 42 anni fa e fondatrice di She Works for Peace (SWFP), che da oltre 15 anni si occupa di progetti legati all’istruzione ed alla creazione di impiego per donne e giovani in Afghanistan.

Con SWFP – l’organizzazione non-profit che lei stessa ha creato su richiesta delle donne a seguito della caduta di Kabul, attualmente di nuovo sotto il controllo dei Talebani che hanno istituito nel Paese un Emirato Islamico – Selene si occupa di offrire formazione tecnica e supporto all’imprenditoria locale.

L’iniziativa nasce con l’intento di fornire supporto concreto alle donne afghane, aiutandole a creare micro-imprese grazie alla formazione gratuita in ambito imprenditoriale e manageriale, raggiungendole direttamente – con un bus, appunto – nei quartieri più poveri di Kabul, dove oltre il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e le donne affrontano limitazioni sempre più gravi ai loro diritti fondamentali.

“Al giorno d’oggi – ci ha spiegato Selene Biffi, alla quale abbiamo rivolto alcune domande – sono sempre di più le donne che hanno la necessità di avviare un’impresa domestica ed il settore privato è, in effetti, ancora una delle poche opportunità che le donne hanno a livello lavorativo”.

Di che genere di imprese si tratta?
“La maggior parte di queste imprese domestiche – prosegue Selene – sono piccole, da 2 a 4 dipendenti, ma non mancano anche imprese gestite da donne con più dipendenti”.

In quali settori operano queste “micro-imprese”?
“La maggior parte di esse sono gestite a livello domestico e sono attive in settori quali la sartoria, il ricamo, l’artigianato e la produzione alimentare”.

Quali sono gli effetti più immediati dell’avviamento di queste aziende?
“Per moltissime famiglie, queste imprese femminili sono diventate l’unica opportunità di sopravvivenza”.

Il progetto di Selene Biffi è sostenuto da OTB Foundation, organizzazione non profit del gruppo OTB (Only The Brave). “Abbiamo scelto di sostenere concretamente She Works for Peace – spiega Arianna Alessi, vicepresidente di OTB Foundation – perché crediamo che Selene Biffi e il suo team (che include interamente personale locale) abbiano una visione chiara e determinata per aiutare le donne afghane a costruire un futuro migliore. ‘Brave Business in a Bus’ non è solo un’iniziativa che promuove l’imprenditoria femminile, ma una vera e propria opportunità di emancipazione per le donne in un contesto dove l’accesso alle risorse è estremamente limitato. In un Paese devastato da conflitti e restrizioni, queste donne sono la chiave per la rinascita sociale ed economica dell’Afghanistan”.

Grazie a “Brave Business in a Bus”, le donne afghane che lavorano da casa hanno accesso ad un programma di formazione completo, che comprende sia l’insegnamento pratico che la possibilità di usufruire gratuitamente di strumenti essenziali per la gestione di un’impresa, dando loro formazione, assistenza tecnica e accesso a piccoli macchinari. “Brave Business in a Bus” si muove direttamente nelle aree più emarginate, si stima che solo in sei mesi assisterà oltre 1.000 micro-imprese femminili nei quartieri più poveri di Kabul, offrendo corsi su marketing, contabilità, sviluppo del prodotto, gestione delle vendite e molto altro. Le donne partecipanti – molte delle quali madri, vedove o caregiver di persone disabili – riceveranno assistenza diretta che permetterà loro di acquisire competenze pratiche per migliorare la gestione delle loro attività e il loro impatto sul mercato. Il tutto, a bordo dell’accogliente bus i cui interni sono stati progettati dall’architetto Andrea Rubini di “Milleseicento Studio”, che ha messo a disposizione il suo tempo e la sua professionalità gratuitamente.

Il progetto è nato per affrontare le difficoltà che molte donne in Afghanistan devono superare quotidianamente. “In un contesto dove le opportunità di impiego sono altamente ridotte e limitate ad aree quali l’istruzione primaria, la salute e l’imprenditoria a livello domestico, una delle poche possibilità è avviare piccole attività produttive da casa – continua Arianna Alessi – : tuttavia, senza una formazione adeguata e con un’alfabetizzazione spesso limitata, la creazione di una micro-impresa diventa una vera e propria sfida. ‘Brave Business in a Bus’ offre una risposta concreta a queste difficoltà, portando il supporto dove è più necessario”.

La OTB Foundation è da tempo attiva in Afghanistan, dove ha già realizzato progetti significativi come “Pink Shuttle”, primo e unico servizio di trasporto tutto al femminile creato a Kabul per risolvere l’ostacolo della mobilità delle donne e “Fearless Girls” per fornire supporto legale, psicologico e attività educative a bambine afghane detenute nelle carceri minorili accusate di aver commesso “crimini contro la morale” per essersi sottratte, fuggendo, a matrimoni forzati od altri tipi di violenza. Ha inoltre contribuito a realizzare un orfanotrofio maschile a Kabul ed il primo orfanotrofio pubblico femminile nella provincia di Kapisa (info: https://www.otbfoundation.org/).

Nelle foto sopra, il bus a Kabul (Otb Foundation)

Only the Brave… come Selene, la ‘maestra di Kabul’

MILANO – Una laurea all’Università Bocconi di Milano, poi un Master in International Humanitarian Action presso l’Ucd in Irlanda e l’Universidad de Deusto in Spagna e, ancora, diplomi presso l’Insead in Francia e l’Harvard University in Usa, grazie a borse di studio. Un curriculum di studi importante, quello di Selene Biffi (nella foto di Daniele Di Mico). Ma non sono stati i libri a darle il “la” per intraprendere, sin da giovanissima, la strada del sociale nella sua espressione più pura: quella dell’aiutare le persone più disperate nelle situazioni più difficili, in luoghi e momenti quantomeno non favorevoli. Per esempio: le donne, in Afghanistan, oggi.

Selene, com’è nato in lei questo desiderio di aiutare gli altri?

“Vengo da una famiglia come tante –  i miei genitori sono commercianti di articoli casalinghi – dove però l’impegno sociale è sempre stato molto presente: i miei genitori vanno in India da oltre quarant’anni e, sul finire degli anni ’90, hanno cominciato a costruire un piccolo ospedale, un asilo ed una scuola elementare che, ad oggi, offrono servizi gratuiti a migliaia di persone che vivono in povertà estrema. Hanno fatto tutto in prima persona, con grandi sacrifici personali, economici e famigliari. Il loro esempio mi accompagna, dunque, da sempre”.

Qual è stato il suo debutto nel mondo del sociale?

“Già a partire dagli anni dell’Università ho deciso di buttarmi in quello che, oltre che un lavoro, è una missione di vita, oggi. Nel 2004, sono stata selezionata come partecipante per l’Italia all’International Youth Parliament di Oxfam, una conferenza in cui giovani di tutto il mondo venivano selezionati in base ad idee per migliorare le loro comunità. Sono stata scelta per un’idea tecnologica: creare un portale informativo affinché i giovani italiani potessero partecipare maggiormente ad attività all’estero, dalle conferenze agli stage, dai corsi ad altro. Non c’era infatti all’epoca un ‘sito collettore’ che presentasse tutto in un unico spazio. Arrivata al Parlamento, mi rendo conto però che ci sono due tipi di partecipanti: chi come me, che ha idee ma nessuna esperienza pratica nella lora realizzazione, e chi ha invece già diversi anni di attività nel settore sociale. Da lì l’idea di trasformare un portale informativo in un portale formativo, così da collegare chi ha le competenze con chi ha la necessità di imparare”.

Stiamo parlando dei primi anni Duemila: il web non era così sviluppato e diffuso come oggi, quindi la sua idea era alquanto pioneristica…

“Sì, stiamo parlando del 2004: io avevo 22 anni e le startup ancora non si sapeva nemmeno cosa fossero, così come l’e-learning. Ho passato mesi a bussare a varie porte – università, ONG, aziende etc. – nella speranza che qualcuno prendesse in considerazione la mia idea e la realizzasse, ma tutti mi dicevano che ero troppo giovane e che l’idea era fantascienza. Ma io trovato un programmatore e, con 150 euro, nel gennaio del 2005 ho lanciato Youth Action for Change (YAC), un’organizzazione che offre corsi online gratuiti da giovani e rivolti a giovani, su temi quali project management, sviluppo sostenibile, raccolta fondi e svolge varie altre attività. Nel giro di un anno, siamo arrivati a raggiungere migliaia di giovani in 130 Paesi del mondo. E nel 2007 la Banca Mondiale ci ha incluso nel suo annuale come ‘best practice’.
Da lì, non mi sono più fermata e sono nati moltissimi altri progetti”.

Fra i tanti progetti, nel 2013, proprio a Kabul, Selene lancia la Qessa Academy, una scuola per cantastorie, dove i ragazzi possono recuperare le loro tradizioni ed utilizzare lo storytelling per trovare lavoro e creare sviluppo a livello locale: la scuola resta aperta per 7 anni e chiude alla fine del 2019. Ma lei, la “maestra di Kabul” (dal titolo del libro che racconta la sua esperienza in Afghanistan), non demorde e quando le donne le chiedono aiuto per poter lavorare, lei lancia She Works for Peace e, a seguire, l’attuale progetto “Brave Business in a Bus (BBB)”. Dove l’aggettivo “brave”, “coraggioso”, non poteva essere più azzeccato per definire l’attività di Selene. E lei.

Marzio Pelù

 

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