Il Commento

Scatenate reazioni
contro il “wokismo”

TORONTO – Alcuni parlamentari direbbero e farebbero qualsiasi cosa per attirare l’attenzione alla Camera dei Comuni. È un campo affollato. La maggior parte di loro (incluso me stesso quando ero lì) ha davvero poco di importante da dire che sia di interesse per la manciata di persone che potrebbero assistere ai dibattiti. Non fraintendetemi, in realtà fanno delle ricerche e delle presentazioni su temi di impatto materiale sulla legislazione.

Il problema è che non c’è dramma sufficiente per un pubblico affamato di eccitazione. Tranne che durante il periodo delle interrogazioni, quando “tutte le scommesse sono aperte” e i parlamentari cercano di trovare la giugulare l’uno dell’altro, metaforicamente parlando.

Oggi, più precisamente mercoledì 5 settembre, la parlamentare Rempel, durante il periodo delle interrogazioni, ha usato una parola non parlamentare (M****) per descrivere l’approccio del governo alle controverse questioni riguardanti l’espressione di genere: “via quella m**** woke“, ha detto correggendosi e scusandosi per l’uso inelegante della lingua inglese.

La Camera stava “dibattendo” sull’adeguatezza di ingenti somme di dollari per “combattere l’odio” nei confronti delle comunità emarginate, con particolare attenzione a quello attribuibile al genere o al bullismo di genere sessuale.

Da un punto di vista personale, non credo che nessuno tollererebbe il bullismo contro qualcun altro, indipendentemente dalla motivazione.

La Rempel probabilmente ne aveva avuto abbastanza del moralismo puntato da un membro del governo per le lamentele non documentate, e inflitte precedentemente, a presunte vittime. La sua frustrazione sembra essere stata causata dall’incessante avanzamento del movimento di controcultura che ha attanagliato la parte governativa della Camera.

La scelta delle parole di Rempel può essere indecente. Il Primo Ministro in passato ha fatto affidamento sulle imprecazioni volgari più comunemente sentite nelle arene di hockey, in altri impianti sportivi o eventi in cui un’educazione colta non è un prerequisito per l’ammissione a un microfono o un megafono.

Dovrebbe essere grata di non aver pronunciato quelle parole al Provveditorato Cattolico di Toronto dove il presunto uso delle sue parole da parte di un certo fiduciario nel dicembre 2021 ha spinto un quartetto di trustee [ipocriti] (De Domenico, Di Pasquale, Li Preti e Rizzo) di avviare un’ “indagine” sulla sua violazione del Codice di Condotta.

Sarebbe stato ridicolo se non fosse stato per l’enorme costo delle spese legali pagate dal Provveditorato per soddisfare la loro sete di vendetta. O addirittura per la manipolazione del sistema (tutte le dita puntano sul direttore, Brendan Browne) necessaria per abbattere la reputazione di quel fiduciario.

Il che ci porta all’agenda woke a cui ha fatto riferimento in modo così convincente la parlamentare Rempel.

Giovedì 6 ottobre diversi insegnanti e genitori di due “licei classici per studenti dello stesso sesso” hanno chiamato il Corriere per allertare il giornale di una missiva inviata dalla Direzione indicando che tutti i riferimenti alla “sorellanza” (nella scuola femminile) e alla “fratellanza” nella controparte maschile venissero rimossi e cancellati definitivamente.

Apparentemente, le parole offendono gli studenti che potrebbero autoidentificarsi di genere in modo diverso. Più probabilmente, il direttore Browne, che è determinato a realizzare quella sua autopromozione come “leader trasformazionale”, potrebbe essere preoccupato che i suoi trustee burattini nel Provveditorato possano perdere le elezioni e, in questo modo, non avrà più libertà di seguire un suo corso.

O questo, o sta prendendo di mira qualsiasi traccia nella storia del consiglio cattolico.

Abbiamo cercato una reazione dal Provveditorato ma fino al momento di andare in stampa non abbiamo ricevuto nessuna risposta.

Nella foto in alto, la deputata Michelle Rempel si copre la bocca dopo aver pronunciato la parola “s**t” alla Camera (screenshot dal video del CPAC – https://www.cpac.ca)

PER LEGGERE I COMMENTI PRECEDENTI: https://www.corriere.ca/il-commento/

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