Il Commento

Italiani Brava Gente, dopotutto

 TORONTO – Alcuni media sembrano non averne mai abbastanza. Mi riferisco alla loro attrazione per la “criminalità organizzata”, quella resa celebre da elementi criminali americani di origine irlandese, ebraica ed in particolare italiana. Quest’ultima è specialmente interessante per i giornalisti e i loro editori che cercano un “colpo rapido” o, nelle strategie di comunicazione odierne, l’esca del clic.

Proprio la scorsa settimana, un organo di stampa di Toronto ha pubblicato un articolo sugli “omicidi irrisolti”, di 35 anni fa – sembrava solo ieri. Ha resuscitato lo scenario di un uomo, la sua famiglia e l’apparente stile di vita nel peggior modo possibile, forse per renderlo più attraente. L’articolo non mi è piaciuto.

La vittima, un presunto esponente della malavita, era il padre di uno studente di una scuola che ho co-fondato nel quartiere nordovest della città. Lui e sua moglie erano imprenditori, a dir poco, impegnatissimi. Lei gestiva una serie di saloni di parrucchiere, lui di lavanderie a secco e piccole attività di ristrutturazione.

Entrambi svolgevano attività comunitarie nei circoli culturali e nelle parrocchie locali, come obbligo civico. Spesso assumevano un ruolo di leadership in tutte le attività, non avrebbero potuto avere molto tempo libero, neanche per dormire.

Eppure, entrambi riuscivano a ritagliare del tempo per tenere d’occhio i progressi dei loro figli a scuola, in particolare del figlio.

“È un filo ad alta tensione, signor Volpe”, diceva suo padre, “per favore, fate tutto ciò che sentite di dover fare per tenerlo sotto controllo”. Pensavo che il ragazzo fosse un po’ maturo per la sua età, brillante, quasi, ma un po’ rilassato verso gli studi; socialmente, né aggressivo né prepotente, e sempre rispettoso.

La famiglia “è scomparsa” dopo la morte tragica e inaspettata del padre. La comunità scolastica impiegò un po’ di tempo per adattarsi alle notizie ed alla nuova realtà che era diventata parte della sua “identità”. Si può con certezza dire che nessuno aveva la minima idea di un’attività tutt’altro che esemplare.

Poi, circa un anno fa, mentre uscivo da un panificio-caffetteria non lontano da quella scuola, un giovane, che chiaramente stava aspettando un ospite, mi ha fermato per salutarmi: “Signor Volpe, Padre Tempo è stato gentile con lei”. Prima che potessi mettere insieme una risposta, ha continuato, “non si ricorderà di me… Frank…” Lo riconobbi immediatamente: “…sei dimagrito e porti gli occhiali, cosa ci fai in questa zona?”

Si era trasferito in un appartamento del quartiere per stare vicino a suo figlio, “non è per niente come me, signor Volpe, è uno studente serio brillante; gode di una borsa di studio in uno dei programmi universitari più pesanti e impegnativi… lo incontrerò tra pochi minuti per pranzare insieme. Sarebbe troppo presuntuoso da parte mia chiederle di incontrarlo?”

Mentre aspettavamo, gli ho chiesto di sua madre, sua sorella e di lui stesso. La mamma e la sorella ebbero tanta difficoltà ad adattarsi, alla fine si sono trasferite fuori dalla provincia per stare vicino a gruppi di sostegno. In seguito la sorella ha sviluppato una carriera professionale. La mamma si è risposata.

“Ho davvero stravolto la mia vita”, ha detto, “le cose non sono andate come volevano mamma e papà, ma ho pagato i miei debiti, mi sono ripulito e ho ricominciato da capo. Adesso sono concentrato sull’aiutare mio figlio, è uno studente brillante ed un bravo ragazzo”.

Quando il giovane è entrato, Frank enfatizzava chi fossi e come mi avesse conosciuto. Troppo generoso, ho protestato. Abbiamo parlato per qualche minuto della sua carriera universitaria prima che mi congedassi. “Conoscevo i tuoi nonni – ho detto – sarebbero stati così orgogliosi dei tuoi risultati come lo è tuo padre”. Auguri; ad maiora.

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