Canada

Canada sempre più dipendente da lavoratori migranti a basso salario

TORONTO – L’economia del Canada sta diventando sempre più dipendente dai lavoratori migranti a basso salario: è quanto emerge da un nuovo rapporto della Bank of Canada –  di cui parla il National Post – secondo il quale la quota di canadesi “nativi” nella forza-lavoro è diminuita di quasi 10 punti percentuali dal 2006.

Lo studio, intitolato “Il cambiamento nella composizione dell’immigrazione canadese e il suo effetto sui salari”, evidenzia che, in gran parte a causa di un’impennata della migrazione temporanea da determinati Paesi, l’immigrato canadese medio è ora diventato più giovane, meno qualificato e con maggiori probabilità di provenire da regioni più povere come l’India, l’Africa subsahariana oppure il Medio Oriente. E questi nuovi lavoratori sono pagati meno. In particolare, tra le fila crescenti di lavoratori migranti temporanei in Canada, i salari si sono “ridotti significativamente rispetto ai lavoratori nati in Canada”, si legge nello studio. Dal 2015, “il divario salariale nominale medio tra lavoratori temporanei e lavoratori nati in Canada è più che raddoppiato”, si legge. Gli autori dello studio – Julien Champagne, Antoine Poulin-Moore e Mallory Long – hanno infatti calcolato che il lavoratore migrante medio in Canada è ora pagato più di un quinto (22,6%) in meno rispetto ad un lavoratore canadese di pari livello. Prima del 2014, tale divario era solo del 9,5%.

Come dicevamo, è cambiata drasticamente anche la provenienza dei lavoratori migranti: tra il 2006 e il 2014, l’area che registrava il più alto livello di emigrazione non permanente verso il Canada era l’Europa settentrionale/occidentale, oggi invece è l’India. E tutto ciò è avvenuto contemporaneamente al crollo delle “nascite nette” canadesi, vale a dire il numero di nascite meno il numero di decessi: le nascite nette erano il principale motore della crescita demografica in Canada fino all’inizio degli anni ’90, ma avvicinandosi al 2024 sono diventate progressivamente “trascurabili”. In altre parole, il numero di bambini canadesi nati in quell’anno è risultato praticamente equivalente al numero di canadesi deceduti. Una “tempesta perfetta”, insomma, favorita da certe politiche dell’immigrazione che negli ultimi anni hanno favorito un determinato tipo di immigrazione, da certi Paesi (quelli asiatici), a discapito di un’altra, da altre zone (Europa in primis).

L’articolo documenta poi una marcata diminuzione della quota di lavoratori nati in Canada nella forza-lavoro, che come dicevamo all’inizio, è diminuita di quasi dieci punti percentuali in circa vent’anni: nel 2006, la quota di “nativi” canadesi nella forza-lavoro era del 77,6%, nel 2024 questa percentuale è scesa al 68,1%. All’impennata di lavoratori migranti in Canada dopo la pandemia è corrisposto ad un forte aumento della disoccupazione giovanile: in particolare nel commercio al dettaglio e nella ristorazione – due settori che tradizionalmente si basavano su lavoratori part-time di livello base – sono sempre più numerosi i dipendenti con visti di lavoro temporanei. Un rapporto di novembre di King’s Trust Canada ha rilevato che tra il 2016 e il 2023 il tasso di lavoratori stranieri temporanei nei ristoranti canadesi è aumentato addirittura del 634%.

È, insomma, nettamente aumentata la manodopera temporanea a basso costo e poco qualificata in Canada. Del resto, nel 2023, l’ex governatore della Bank of Canada, David Dodge, avvertiva che un “ampio e crescente afflusso di lavoratori con competenze inferiori” stava contribuendo a deprimere i salari ed a sostenere le imprese “non competitive”. A regolare l’afflusso dei lavoratori in Canada sono le politiche migratorie stabilite dal governo federale e messe in atto dall’IRCC (Immigration, Refugees and Citizenship Canada): è dunque ipotizzabile, come proprio questo studio rileva, che “i cambiamenti nelle politiche migratorie canadesi – negli ultimi vent’anni in generale e, in particolare, nel periodo post-pandemia, ndr – potrebbero avere influenzato la tipologia di immigrati che hanno scelto il Canada”. Con le inevitabile conseguenze economiche negative che lo studio stesso evidenzia.

Per scaricare e/o consultare lo studio originale integrale, cliccare qui

Foto di Barrett Baker da Unsplash

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