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Femminicidi all’ordine del giorno, oggi non è la festa delle donne

ROMA – Chiamiamola nel modo giusto. Chiamiamola Giornata internazionale della donna perché quella di festa, oggi più che mai, non è la denominazione corretta.

È una giornata, quella di oggi 8 marzo, istituita per ricordare non solo le conquiste sociali, economiche e politiche raggiunte dalle donne – quelle per le quali le donne che ci hanno preceduto hanno combattuto – ma anche le violenze e le discriminazioni cui, quotidianamente, le donne devono sottostare, in tutto il mondo. L’8 marzo non è la festa della donna, nel 2024 non c’è davvero proprio nulla da celebrare.

Non si può festeggiare di fronte ad un numero impressionante di donne che continuano a morire. Non passa giorno che una donna non perda la vita per mano di un marito, un fidanzato, un ex compagno, di un uomo violento insomma, accecato dal desiderio di possesso e incapace di accettare una separazione. Donne uccise in un giorno qualunque, tra le mura domestiche o per strada, accoltellate o freddate da colpi di pistola. Ammazzate perché vogliono liberarsi da un rapporto violento e possessivo che di amore non ha nulla. Sì, perché l’amore non fa male. L’amore, quello vero, non è prevaricazione, possesso, minacce, botte, umiliazione e finanche morte.

I numeri, del resto, parlano da soli. Nel 2023 in Italia sono state 120 i casi di femminicidio, di cui 96 in ambito familiare o affettivo. I dati del ministero dell’Interno dipingono il quadro di una tragica piaga sociale, che continua a invadere i fatti di cronaca anche nel 2024. Una donna uccisa ogni tre giorni. Ma non solo, perché sono sette milioni le donne ad aver subito in Italia, almeno una volta nella vita, violenza fisica o sessuale.

E purtroppo anche il 2024 è iniziato con numeri preoccupanti: finora le donne uccise sono state già venti. Sembra facile, a chi non vive la situazione delle donne vittime di violenza, fisica e psicologica, dire che occorre solo sporgere denuncia. E già, basta denunciare ma non è così semplice.

Quando una donna denuncia un uomo violento, che può essere il marito, il compagno, l’ex o uno stalker, secondo le recenti leggi approvate dal Parlamento (ultima la 168 del 2023, successiva al femminicidio di Giulia Cecchettin), lo Stato dovrebbe agire immediatamente. Il Codice rosso del 2019 ha previsto dei tempi contingentati proprio per proteggere le donne che vogliono uscire da un rapporto violento e denunciano. Entro 10 giorni il giudice deve decidere la misura cautelare per il maltrattante e la misura deve essere applicata entro 30 giorni. Per le indagini preliminari c’è un limite di 6 mesi, prorogabile, il problema è il processo. Tutte le associazioni a difesa delle donne ma anche i magistrati denunciano che i dibattimenti durano molti anni e finiscono con l’imprigionare la donna nella propria storia di violenza da cui invece vorrebbe uscire. “Non solo, spesso succede – spiega Teresa Manente di Differenza Donna – che il dibattimento è così lungo che scadono le misure cautelari e la donna è di nuovo a rischio”. Non sono rari i casi di donne che denunciando, firmano la propria condanna a morte.

Sì, c’è davvero poco da festeggiare, quando la propria vita è nelle mani di un uomo che confonde l’amore con il controllo, con gli insulti e gli schiaffi. Per educare alla non violenza è necessario lavorare fin dall’infanzia sulla creazione di relazioni positive e paritarie, occorre educare al rispetto, al relazionarsi con l’altro in modo libero e responsabile.

Ecco, l’8 marzo, diventerà una festa quando nessuna donna morirà perché vuole vivere la propria vita, perché esige il diritto di decidere il suo destino. Quest’anno lasciate perdere le mimose, e che la prossima, sia davvero una festa della donna.

(Foto: maggioreinformazione.it)

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