TORONTO – Altro giro, altra corsa. Una nuova minaccia grava sull’economia canadese nella svolta protezionistica avviata dal Donald Trump: dopo l’acciaio e l’alluminio, dopo le automobili, i farmaci e i chip per i computer, ora è il turno del legname. L’inquilino della Casa Bianca, che continua a utilizzare i dazi doganali come il principale strumento nelle relazioni commerciali con il resto del mondo, ha annunciato la possibile attivazione di tariffe anche sul legname che viene importato negli Stati Uniti, senza però indicare una percentuale precisa, a differenza di quanto è stato fatto per una lunghissima lista di prodotti nelle scorse settimane.
Per ora di concreto non c’è nulla: non ci sono scadenze ben definite, non ci sono nemmeno i precisi Paesi che potrebbero subire questa ritorsione commerciale. Fatto sta che gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato di esportazione di legname dal Canada: stando agli ultimi dati definitivi di StatCan, quelli del 2023, il nostro Paese esporta negli States annualmente legname per un valore complessivo di 11,5 miliardi di dollari.
Il tema, a dire il vero, è abbastanza delicato: il rapporto tra il Canada e gli Usa sul legname è sempre stato abbastanza teso negli ultimi decenni, in una vicenda che già in passato ha portato i due Paesi a istituire dazi reciproci, contro dazi e addirittura il ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio per dirimere il braccio di ferro.
In ogni caso, anche il capitolo legname si inserisce in una strategia complessiva del presidente americano che punta al depotenziamento delle importazioni dall’estero per rafforzare i comparti produttivi dell’economia americana. La minaccia paventata dal tycoon americano arriva ventiquattrore dopo quella relativa al settore auto: Trump ha infatti annunciato l’arrivo di dazi doganali per le vetture prodotte e assemblate all’estero, tariffe che partirebbero dal 25 per cento per poi aumentare progressivamente.
Il provvedimento prenderebbe di mira, in primo luogo, le automobili prodotte in Europa, ma porterebbe delle conseguenze al settore automobilistico e della componentistica auto del nostro Paese. Secondo gli esperti, se davvero Trump decidesse di imporre i dazi anche suelle autovetture assemblate in Canada, provocherebbe il collasso dell’intero sistema, con pesanti conseguenze non solo per i lavoratori canadesi, ma anche negli Stati Uniti.
Nel frattempo continua il pressing del Canada a Sud del confine per convincere l’amministrazione americana a desistere da questa guerra commerciale. Oggi il premier dell’Ontario Doug Ford – impegnato tra l’altro nella campagna elettorale in vista del voto provinciale del 27 febbraio – sarà ancora una volta a Washington per una serie di incontri con governatori e parlamentari americani: il suo obiettivo, come confermato ieri durante una conferenza stampa a Milton, è quello di convincere la controparte americana della dannosità dei dazi doganali non solo per l’Ontario e il Canada, ma anche per gli Stati Uniti. La scorsa settimana lo stesso Ford ha guidato una delegazione dei premier proprio nella Capitale Usa, con una serie di conferenze e un incontro con l’entourage di Trump direttamente alla Casa Bianca.
Per ora, comunque, il pressing di Ottawa ha ottenuto un unico risultato tangibile, quello della sospensione di un mese dell’imposizione di dazi doganali su tutti i prodotti canadesi, che sarebbe dovuta scattare a inizio febbraio e che invece è stata sospesa fino al primo di marzo. Oltre a questo, dal 13 marzo l’amministrazione americana dovrebbe applicare una tariffa doganale del 25 per cento sull’acciaio e sull’alluminio prodotti all’estero, quindi anche in Canada.
In alto, il presidente americano Donald Trump (foto: Casa Bianca)
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