TORONTO – Con il fiato sospeso, il Canada si prepara all’impatto dei dazi reciproci voluti da Donald Trump. Domani l’inquilino della Casa Bianca presenterà i dettagli della nuova, pesantissima, misura protezionistica che sarà attivata da Washington, un provvedimento che non prende di mira solamente il Canada, ma che al contrario riguarda tutti i Paesi che hanno dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti.
Il metro di misura, spiegato dallo stesso presidente americano a inizio marzo, è abbastanza semplice da capire: se un Paese ha in vigore dei dazi sui prodotti americani, a partire dal 2 aprile si troverà a dover fare i conti con delle contro tariffe punitive verso i prodotti che lo stesso Paese esporta negli States. Sul funzionamento di questo meccanismo, così come sul livello dei dazi e sull’entità dei prodotti che saranno soggetti agli aumenti alla frontiera resta ancora un pesante alone d’incertezza, anche perché Trump non ha voluto entrare nello specifico, nascondendo i dettagli dietro la retorica del “Liberation Day”, il fantomatico “giorno della liberazione” che rappresenterebbe l’ora X della “nuova età dell’oro americana”.
Ma nel commercio di dettagli sono tutto. Ed è per questo che di fronte all’incertezza creata dal magnate newyorchese il governod i Ottawa non ha voluto scoprire le sue carte. Il primo ministro Mark Carney, nella prima telefonata con Trump avvenuta venerdì scorso, ha confermato al presidente Usa che il Canada ha già pronte adeguate contromisure in risposta ai prossimi dazi reciproci. Ma il leader liberale ha preferito tenersi la mano libera, e quindi non è entrato nel dettaglio riguardo le ritorsioni commerciali che il Canada metterà in piedi per difendersi in questa crescente escalation della guerra commerciale voluta da Trump.
Anche perché l’esecutivo canadese deve giocarsi un’altra complicatissima partita con gli Stati Uniti, quella che riguarda il settore automobilistico. Anche in questo caso, la mancanza di certezze impedisce al governo canadese di prendere una posizione ben definita, che vada al di là della difesa ad oltranza di un settore chiave dell’economia dell’Ontario e del Canada. Dal 3 aprile, infatti, entreranno in vigore dazi del 25 per cento su tutte le automobili prodotte al di fuori degli Stati Uniti. Resta, pesante come un macigno, la zona d’ombra riguardante le vetture assemblate in Canada e in Messico, che in teoria dovrebbero rientrare all’interno degli accordi del CUSMA, il trattato di libero scambio nordamericano, sulle previsioni in particolare che riguardano la componentistica. Ma anche in questo caso, non ci sono certezze. Anche ieri il presidente americano è tornato sul tema dei dazi reciproci. I dazi che Washington intende annunciare – ha confermato il tycoon – riguarderanno “tutti i Paesi”, non solo quelli con i maggiori squilibri commerciali con gli Stati Uniti.
“Inizieremo con tutti i Paesi e vedremo cosa succede”, ha detto il presidente americano ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, respingendo l’idea che le tariffe doganali colpiranno solo un numero ristretto di partner commerciali di Washington. “Non ho sentito parlare di 15, 10 o 15 Paesi”, ha risposto alla domanda di un giornalista sul numero di Paesi interessati, anche se il segretario al Tesoro Scott Bessent aveva sollevato la possibilità di colpire il 15% dei partner commerciali che presentano ricorrenti squilibri commerciali a danno degli Stati Uniti.
“Fondamentalmente, stiamo parlando di tutti i Paesi di cui abbiamo parlato”, ha detto il presidente, senza fornire ulteriori dettagli. Trump ha anche spiegato domenica che le tariffe doganali saranno “più generose” di quelle imposte da altri Paesi contro gli Stati Uniti. “I dazi saranno molto più generosi”, “saranno più miti di quelli che questi Paesi hanno imposto agli Stati Uniti d’America nel corso dei decenni”. Questi Paesi “ci hanno fregato come nessun Paese ci ha mai fregato nella storia” e noi saremo molto più gentili con loro di quanto loro lo siano stati con noi, ha aggiunto.
E arrivano anche le reazioni dall’Europa. “La guerra commerciale lanciata dal presidente degli Stati Uniti creerà solo perdenti e danneggerà la crescita dell’eurozona”, ha dichiarato la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde. Non solo, ma la zona dell’euro potrebbe subire una riduzione del Pil dello 0,3% e dello 0,5% in caso di risposta europea nel primo anno.
In alto, il presidente americano Donald Trump (foto: Casa Bianca)