TORONTO – Bilancio in chiaroscuro della visita di Mark Carney a Washington. Da un lato Mark Carney ha riallacciato i rapporti con Donald Trump, una relazione logorata da mesi di minacce e accuse, dazi e contro tariffe. Il primo ministro canadese, quindi ha gettato le basi per riavviare un dialogo con il presidente americano, che logicamente dovrà essere alimentato e sviluppato nelle prossime settimane.
Allo stesso tempo il leader liberale ha ribadito una volta per tutte che il Canada non ha alcuna intenzione di entrare nella federazione americana, e lo ha fatto davanti ai giornalisti nello Studio Ovale, con il magnate americano che ha dovuto ammettere che “bisogna essere in due per ballare il tango”: ci deve, cioè, essere la volontà di entrambi i Paesi per muoversi verso quella direzione, che rimane appunto molto ipotetica e che ha perso il connotato minaccioso dell’annessione – o addirittura dell’invasione – paventata a più riprese in passato dallo stesso Trump.
Ma gli aspetti positivi del primo incontro tra i due leader finiscono qui. Perché se è vero che è stata ribadita la volontà da ambo le parti di affrontare in modo costruttivo future ipotetiche trattative, è altrettanto vero che i due Paesi continuano a essere in piena guerra commerciale. Restano in vigore i dazi doganali imposti da Washington per la cosiddetta crisi del Fentanyl e della sicurezza dei confini, dazi del 25 per cento imposti a marzo che per il governo canadese non hanno alcuna base, almeno dai dati dei sequestri effettuati alle frontiere. Restano poi attive le controtariffe decise da Ottawa, che anzi dovrebbero aumentare nelle prossime settimane.
Non sono state toccate le tariffe americane sull’acciaio e sull’alluminio canadese – lo stesso Trump ha confermato che “gli Stati Uniti non ne hanno bisogno” – così come non è stato sciolto il nodo relativo ai dazi sul settore auto e della componentistica. L’inquilino della Casa Bianca, anzi, sempre durante l’incontro ha sottolineato come gli Usa non vogliano comprare le auto assemblate e prodotte in Canada, all’interno di una strategia che punta nel medio termine a riportare gli stabilimenti della auto americane sul territorio statunitense, a danno del Canada e del Messico.
E questa minaccia ha di fatto già avuto delle conseguenze pesanti in Ontario, con lo stop alla produzione temporaneo alle fabbriche Stellantis di Windsor e General Motors di Oshawa e con l’eliminazione di un turno di produzione un quest’ultimo stabilimento che ha provocato il licenziamento di 750 operai.
Ieri Carney ha convocato un incontro virtuale con i premier e i leader delle Province e dei Territori per presentare il resoconto del meeting con Trump a Washington. Durante la conferenza il primo ministro ha elencato i risultati raggiunti e ha presentato un piano d’azione per le prossime settimane. Un nodo che dovrà essere poi affrontato è quello dell’accordo di libero scambio Cusma che unisce Canada, Stati Uniti e Messico. Martedì Trump ha ribadito la necessità di rivedere e modificare il trattato e questa potrebbe essere la base per un negoziato onnicomprensivo sui rapporti commerciali tra i tre Paesi.
In alto, l’incontro di Carney a Washington con un gruppo di imprenditori e investitori (foto: Twitter X – Carney)