TORONTO – Ancora segnali negativi per Justin Trudeau in questa prima settimana di campagna elettorale. L’esito del voto in Nova Scotia e il nuovo sondaggio della Abacus mettono in luce degli elementi che il leader liberale non dovrebbe sottovalutare in vista dell’appuntamento alle urne del prossimo 20 settembre.
Nella provincia atlantica il Pogressive Conservative guidato dal candidato premier Tim Houston ha stravinto le elezioni locali, conquistando la maggioranza assoluta all’assemblea provinciale, quasi raddoppiando il numero di deputati.
Il Partito Liberale, che sotto Stephen McNeil prima e il candidato premier Iain Rankin poi ha guidato la provincia durante la pandemia di Covid-19, ha subito una batosta del tutto inaspettata, conquistando appena 17 seggi. Un tracollo che, seppur avvenuto in un contesto limitato come la Nova Scotia, offre numerosi espunti di analisi. Innanzitutto l’elettorato ha voltato le spalle al governo uscente, giudicando insufficiente quanto fatto per contrastare la pandemia. Houston, peraltro, ha presentato un programma nel quale sono previste ampie spese per il settore sanitario e per le case di cura a lunga degenza. Il Partito Liberale considerava questo voto come una sorta di referendum sull’azione di governo contro il Covid, la stessa operazione politica fatta a livello nazionale da Trudeau. Si tratta di una strategia politica rischiosa, che potrebbe portare a degli esiti imprevedibili.
E a confermare come siano volubili gli umori dell’elettorato canadese arriva l’ennesimo sondaggio sulle intenzioni di voto, dopo i tre pubblicati martedì. Stando all’istantanea scattata dalla Abacus, i liberali possono ancora godere di un vantaggio di cinque punti percentuali sui conservatori, un margine identico a quello registrato dai sondaggi della Leger e di Ipsos. Ma secondo Abacus negli ultimi sette giorni il livello di consenso verso il partito guidato dal primo ministro uscente ha subito un tracollo di quattro punti percentuali, passando dal 37 al 33 per cento.
Il calo nelle intenzioni di voto è avvenuto nella settimana in cui Trudeau ha aperto la crisi e ottenuto dalla governatrice generale lo scioglimento della House of Commons e le elezioni anticipate. Si tratta di una ulteriore conferma su come in generale l’elettorato canadese non abbia visto di buon occhio il ritorno alle urne a meno di due anni dalle ultime elezioni del 2019.
Sempre secondo Abacus, in Quebec il Bloc Quebecois continua a crescere e anche questo rappresenta un campanello d’allarme per i liberali: storicamente l’avanzata blocchista nei sondaggi che precedono le elezioni corrisponde a un calo di consenso del partito al governo. Insomma, lo scenario politico in vista del voto inizia a delinearsi con delle dinamiche che potrebbero accompagnarci per tutta la campagna elettorale fino all’appuntamento alle urne del 20 settembre.
Il Partito Liberale continua a godere di un leggero vantaggio sia in termini percentuali che nella proiezione dei seggi. Allo stesso tempo, però, per conquistare la maggioranza assoluta serve arrivare al numero magico di 170 deputati: se i numeri registrati dagli ultimi sondaggi dovessero poi tradursi in voti veri durante le elezioni, il governo di maggioranza resta una chimera. Allo stesso tempo, i conservatori di Erin O’Toole stanno crescendo, seppur a fatica, mentre l’Ndp di Jagmeet Singh continua a vivere le stesse identiche difficoltà del 2019, una zavorra che impedisce al partito di sfondare sull’elettorato moderato e che potrebbe penalizzarlo alle urne.
Il rischio, concreto, è che si arrivi il 21 settembre a uno scenario del tutto simile a quello prodotto dal voto di due anni fa: un governo di minoranza, senza la necessaria maggioranza assoluta alla Camera. Il che si traduce in alto livello di instabilità e rischio di nuovo voto anticipato in poco tempo.
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