TORONTO – Parola d’ordine: è colpa dell’altro. Nel caos in cui si trova il settore scolastico dell’Ontario, caratterizzato da accuse, veleni, polemiche, denunce, ripicche e divisioni, abbiamo assistito al più classico gioco dello scaricabarile sulle responsabilità di una situazione che sta diventando insostenibile, specialmente nel Toronto Catholic District School Board. Per cercare di capire cosa stia succedendo, dobbiamo per forza di cose partire da un dato di fatto: a partire dal 12 ottobre c’è stato un accorpamento di decine di classi in moltissime scuole del provveditorato cattolico, con l’aumento conseguente del numero degli studenti nelle singole aule.
Ora, non dovrebbe servire una laurea in fisica quantistica per intuire che non si tratta di una buona idea, specialmente durante la quarta ondata della pandemia, con i bambini dai 5 agli 11 anni che ancora non possono essere vaccinati e con numero sempre maggiore di studenti e personale scolastico contagiato dal Covid-19.
Ma chi ha deciso di alzare il limite massimo di alunni per classe? Qui si entra nel più classico gioco del rimpallo delle responsabilità. Il provveditorato sostiene di aver avallato l’accorpamento delle classi seguendo le direttive del ministro dell’Istruzione pubblica. Il quale, attraverso la sua portavoce, ha dichiarato al Corriere Canadese che è di totale competenza dei provveditorati la gestione del numero degli alunni in aula con il conseguente possibile accorpamento di una o più classi. Il TCDSB, dopo aver deciso di tornare a una distribuzione degli studenti sostanzialmente pre pandemica, ha inviato il 12 ottobre una lettera al ministro Stephen Lecce, firmata dal Chair Joe Martino, chiedendo nuovi stanziamenti “per mitigare l’impatto della riorganizzazione delle classi”.
Nel bel mezzo di questa querelle istituzionale, dove il Toronto Public Health e il Science Table provinciale sono strattonati da una parte e dall’altra, si sono ritrovati i genitori, che hanno assistito impotenti a questa fallimentare strategia di difesa e contenimento del contagio nelle scuole e, dopo il danno la beffa, che hanno dovuto vedere i figli tornare in classi ultra affollate, a volte con più di 30 studenti.
Negli ultimi giorni è scattata la protesta, ultima delle quali il 12 ottobre davanti a Queen’s Park, contro il ministero della Pubblica istruzione e contro il provveditorato per il loro sostanziale immobilismo di fronte a questa situazione d’emergenza.
Ma siccome non ci facciamo mancare proprio nulla in questa grottesca commedia degli equivoci, proprio in quella manifestazione si è arrivati al paradosso.
Tra i genitori che stavano manifestando si è infiltrato pure un fiduciario del Board cattolico, Norm Di Pasquale, noto alle cronache politiche per essere riuscito nella titanica impresa di perdere alle elezioni del 20 settembre – come candidato dell’Ndp – contro Kevin Vuong, candidato ripudiato dal Partito Liberale per via di passate accuse di molestie sessuali. Con il fiduciario c’erano anche il ministro neodemocratico ombra dell’Istruzione Marit Stiles e l’mpp Tom Rakocevic.
Giustamente c’è chi si chiede in quale veste Di Pasquale fosse andato alla manifestazione: come trustee o come politico di partito? Nel primo caso, ci troveremmo nella contraddizione di fondo di una protesta fatta dal componente di un’organizzazione sostenuta da fondi pubblici – il provveditorato – che manifesta contro le decisioni prese dalla stessa organizzazione di cui fa parte: in una foto, che pubblichiamo, è in posa con alcuni genitori e in un cartello si legge, a chiare lettere, “Famiglie tradite dal TCDSB” (qui sotto). Nel secondo caso, ci troveremmo di fronte a un politico – per ora mancato – che utilizza la sua carica stipendiata dai contribuenti per finalità partitiche.
Ma d’altro canto non dovremmo nemmeno stupirci troppo che la situazione nelle scuole del TCDSB e dell’Ontario in generale sia così caotica, se teniamo conto che nei provveditorati la scorsa estate c’è chi ha pensato più alla campagna elettorale che alla stesura di linee guida, protocolli e regole di sicurezza contro il contagio di Covid-19.
Salvo poi puntare il dito contro altri, addossando responsabilità e andando a strumentalizzare la legittima protesta di chi vede i propri figli ammassati senza alcuna remora in classi pollaio, lasciando la porta aperta al contagio. Ma non importa, la parola d’ordine resta sempre la stessa: la colpa è dell’altro.
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