Canada

Tre anni di Covid:
come è cambiata la vita

TORONTO – Tutto è iniziato l’11 marzo 2020. Una data che è ben impressa nella mente di tutti noi. Sono passati tre anni esatti da quando per la prima volta la diffusione globale del coronavirus veniva definita come una “pandemia” dall’Oms. Risale proprio a quel’11 marzo 2020 infatti la conferenza stampa del direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus in cui disse: “Abbiamo valutato che il Covid-19 può essere caratterizzato come una pandemia, una parola da non usare con leggerezza o disattenzione”.

Da quel momento la vita di tutte le persone in tutto il mondo è stata stravolta da un virus fino ad allora sconosciuto. Riduzione dei contatti. Un profluvio di gel. Mascherine obbligatorie. Smart working. Vaccini mRNA. Coprifuoco. Ospedali sull’orlo del collasso. La conta dei morti. I test rapidi. Le proteste. E, come se non bastasse, ansia, depressione e disagio emozionale.

Fino al 28 febbraio sono 758.390.564 i casi confermati nel mondo dall’inizio della pandemia, 6.859.093 le persone morte e 13.226.873.459 le dosi di vaccino somministrate. In Canada fino al 10 marzo i contagi sono stati 4,617,095, i decessi complessivi 51,720.

Dopo tanta incertezza e sofferenza, anche se il Covid è ancora tra di noi – la situazione in Canada sembra aver raggiunto uno stato relativamente stabile. Ad affermarlo è la Chief Public Heatlh Officer del Canada Theresa Tam. “Negli ultimi mesi non ci sono state nuove ondate di infezione causate da varianti – ha detto in occasione del terzo anniversario di pandemia – l’immunità della popolazione è elevata grazie a un alto assorbimento complessivo del vaccino combinato con l’immunità che le persone hanno ottenuto tramite l’infezione”. Anche se è possibile che il Canada possa essere risparmiato da nuove ondate importanti nei prossimi mesi, il Covid non è però completamente sconfitto, ci tiene a sottolineare la Tam. Le sottovarianti di Omicron continuano a diffondersi, ma i ricoveri, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi si sono stabilizzati. “Le persone anziane o immunocompromesse continuano a essere colpite in modo sproporzionato dal virus – ha affermato Tam – invito chiunque non sia stato vaccinato o non abbia ricevuto un booster a farsi somministrare queste dosi”.

La National Advisory Committee on Immunization, se sono trascorsi sei mesi o più dall’ultima vaccinazione, raccomanda infatti un’ulteriore dose di richiamo bivalente questa primavera per gli adulti a maggior rischio di malattia grave da Covid-19. Le categorie considerate a rischio sono anziani, residenti in case di cura a lunga degenza e persone immunocompromesse.

La domanda ricorrente, ora, dopo i tre anni in cui è sembrato, a chi più e a chi meno, di andare sulle montagne russe, è quella sul futuro. La previsione di un team di ricercatori Usa grazie a un modello che analizza la traiettoria che porterà il Covid-19 a diventare una malattia endemica come i comuni virus del raffreddore è quindi che il tasso di mortalità per infezione di Covid diventerà pari o inferiore a quello dell’influenza. “Grazie alla somministrazione dei vaccini potremmo raggiungere uno stato endemico lieve”, ha spiegato l’autrice principale di uno studio pubblicato su Science Jennie Lavine.

Nella foto in alto, un paziente intubato (foto del dottor Paul Engels – Hamilton General Hospital)

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