Canada

È rivolta aperta
contro Erin O’Toole,
il leader traballa

TORONTO – La leadership di Erin O’Toole nel Partito Conservatore traballa sempre di più. Se nelle ultime settimane i segnali di malcontento all’interno del partito, i malumori della base e l’insoddisfazione di una parte della classe dirigente tory erano emersi in modo sporadico e disarticolato, ora invece siamo davanti a una aperta ribellione lanciata da chi vuole la testa del leader.

Il guanto di sfida è stato lanciato ufficialmente dalla senatrice Denise Batters attraverso una petizione nella quale si chiede di ridare la parola agli iscritti per la riconferma di O’Toole prima della prossima convention nazionale, che è in programma addirittura nel 2023. Si tratta di un lasso di tempo troppo lungo per i conservatori ribelli che si stanno organizzando attorno alla senatrice del Saskatchewan: per quella data, infatti, essendo l’esecutivo Trudeau un governo di minoranza, il Canada potrebbe essere vicino alle elezioni anticipate e mancherebbe quindi il tempo necessario ai conservatori per darsi una nuova leadership credibile in competizione con l’attuale primo ministro per la guida del Paese.

No – è questo il ragionamento degli scontenti – il cambio al timone del partito deve essere un’operazione indolore e fatta il prima possibile, tenendo conto l’esecutivo liberale non può contare su una maggioranza assoluta in parlamento e che quindi, di conseguenza, continua ad essere in balia degli umori delle opposizioni. Serve un nuovo leader e serve subito.

In ogni caso, almeno per ora, non ci sono altri parlamentari che si sono schierati apertamente contro O’Toole, che nonostante la batosta alle ultime elezioni non ha alcuna intenzione di rinunciare alla leadership del partito.

Ci sono tuttavia numerose posizioni critiche, che sono state avanzate all’interno del gruppo parlamentare conservatore e che hanno costretto lo stesso O’Toole a lanciare una review ufficiale sulla condotta della dirigenza tory durante l’ultima campagna elettorale: l’obiettivo dichiarato è quello di identificare gli errori strategici che hanno portato alla sconfitta alle urne. Troppo poco e troppo tardi per i ribelli, che vorrebbero accelerare il processo di analisi della sconfitta e trarne la conseguenza principale, puntando il dito contro quello che a loro avviso è il principale responsabile, l’attuale leader.

Sono davvero tanti gli errori e le ingenuità che vengono imputati a O’Toole e che hanno portato al tracollo elettorale: il tentativo di spostare il partito verso il centro in numerose tematiche per conquistare voti nella GTA e in altre aree metropolitane del Paese, un approccio questo che non solo non ha portato i risultati sperati ma che ha, al contrario, scontentato l’elettorato conservatore nelle province tradizionalmente tory, come l’Alberta e il Saskatchewan. Oltre a questo, a O’Toole viene imputato di aver sottovalutato la presenza di un secondo partito di destra, il People’s Party di Maxime Bernier, che invece ha avuto un ottimo risultato – nel voto popolare, non nella conquista dei seggi – alle ultime elezioni. Senza dimenticare poi l’incapacità del leader conservatore di sfruttare appieno le difficoltà di Trudeau che, partito con i favori del pronostico, ha vissuto ad agosto due settimane di crollo nelle intenzioni di voto, salvo poi recuperare dopo i due dibattiti televisivi.

Infine, molti conservatori non hanno digerito il pugno duro del leader contro il dissenso interno, dalla richiesta di inviare all’entourage di O’Toole tutte le email e i tabulati telefonici relativi a una prima petizione – lanciata dal consiglio Nazionale – contro la sua leadership alla sospensione a tempo indeterminato di chi aveva lanciato quella petizione.

Ora però lo scontro si sposta su un altro livello. O’Toole non ha alcun potere verso i suoi senatori, che rimangono in carica a prescindere dal leader e che non devono affrontare le forche caudine delle elezioni e delle procedure di nominations nei singoli distretti.

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