Canada

Camionisti, la protesta
non si ferma

TORONTO – Le proteste del Freedom Convoy, che hanno preso il via in Canada da Ottawa, si stanno allargando a macchia d’olio in 34 Paesi del mondo tra i quali Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Argentina, Austria, Cipro, Nuova Zelanda, Australia.

La capitale del Canada, dove i camionisti sono giunti in gran numero il 29 gennaio, continua ad essere assediata ancora da un centinaio di manifestanti. Ieri, gridando “Libertà!” e “Notizie false!” un gruppo di camion hanno raggiunto l’Ottawa International Airport causando interruzioni del traffico e ritardi.

Le proteste, che hanno portato ad almeno 23 arresti e 80 indagini penali nella capitale – dove rimane in vigore lo stato di emergenza – stanno accendendo il dibattito tra i funzionari su come riportare alla normalità la situazione sia in città che ai valichi di frontiera Usa-Canada, dove i camionisti hanno interrotto il flusso di merci e persone. Ieri la polizia di Ottawa ha avvisato i manifestanti che bloccano le strade che potrebbero essere “arrestati senza mandato”. “È un reato penale ostacolare, interrompere o interferire con l’uso, il godimento o il funzionamento leciti di proprietà, coloro che prendono parte ad attività criminali – che potrebbero includere il blocco delle strade o “l’assistenza ad altri nel blocco delle strade” – potrebbero essere arrestati e se condannati, i loro veicoli potrebbero essere sequestrati ed eventualmente confiscati”, ha dichiarato la polizia.

Il primo ministro canadese Justin Trudeau, che è stato ampiamente preso di mira dai manifestanti, ha definito l’ostruzione dei valichi di frontiera “una crisi economica”.

I blocchi stradali, ha detto, “mettono in pericolo i posti di lavoro, impediscono il commercio, minacciano l’economia e ostacolano le nostre comunità”. Gruppi imprenditoriali ed esperti hanno riferito che i blocchi nei punti nevralgici di frontiera stanno danneggiando le catene di approvvigionamento. Merci per un valore di circa 300 milioni di dollari transitano attraverso l’Ambassador Bridge ogni giorno.

Intanto le manifestazioni dei camionisti – ai quali fin dal nascere si sono aggregati gruppi no vax e no mask – continuano a intasare le vie di comunicazione tra gli Stati Uniti e il Canada. Ieri, due importanti punti di ingresso – l’Ambassador Bridge che collega Detroit a Windsor, in Ontario, e Coutts che collega il Montana all’Alberta – sono stati chiusi o parzialmente bloccati. Anche il punto di transito verso il Manitoba – Emerson nel North Dakota – è stato chiuso dopo che un convoglio di veicoli e attrezzature agricole ha bloccato il traffico sia verso nord che verso sud.

Inoltre due delle più grandi case automobilistiche del mondo – Ford e Toyota – hanno dovuto interrompere la produzione nei loro stabilimenti bloccati dai camionisti. Stellantis, proprietaria di Chrysler, è stata costretta a ridurre i turni di lavoro a causa della carenza di parti auto. “Siamo in tribunale per ottenere un’ingiunzione per far rimuovere il blocco all’Ambassador Bridge”, ha dichiarato al Corriere il presidente di Automotive Parts Manufacturers’ Association Flavio Volpe.

La governatrice del Michigan Gretchen Whitmer ha chiesto ai governi provinciali e nazionale del Canada di fermare la protesta che sta danneggiando “le famiglie di lavoratori del Michigan che stanno solo cercando di fare il proprio lavoro” ed ha sottolineato come “l’Ambassador Bridge è il valico di frontiera via terra più trafficato del Nord America”.

In un post apparso su TikTok il co-organizzatore del Freedom Convoy Chris Barber, ha annunciato che nel fine settimana il convoglio raggiungerà Toronto. “Toronto, preparati. Sarà epico. Tutti questi camion si dirigeranno verso di te”, è il messaggio per alcuni versi inquietante di Barber. Ed a Toronto la polizia, ha chiuso per precauzione Queen’s Park Circle.

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